martedì, luglio 04, 2006

I nomi, le località...

I nomi, i niknames, le località, tutti i riferimenti anagrafici, persino la nazionalità delle persone che compariranno nelle prossime pagine, non sono quelli effettivi.

Il perché non è di facile intuizione, per questo preferisco spiegarlo subito: le pagine che seguono raccontano la storia di due amanti, due persone che hanno una famiglia, mogli, figli, mariti.

Ma amano anche un'altra persona "al di fuori del nucleo familiare". Quel nucleo familiare tanto fondamentale da non voler essere messo in discussione e quell'amore, comunque così importante, da voler essere vissuto.

Non però a scapito delle mogli e dei mariti che ignari continuano ad amare ed essere amati.

Non a scapito dei figli adolescenti, che continuano a vedere i propri genitori come gli idoli della propria infanzia.

Per questo, mi presento: mi chiamo Barbara, ho compiuto da poco 40 anni. E vi presento Sandro, impossibilitato a scrivervi, 55 anni compiuti nel mio stesso mese, febbraio.

Tutto quanto segue fa parte di un piccolo sogno, nostro: far conoscere il nostro legame, il nostro amore, poterne parlare, poterlo finalmente raccontare.

Per questo, alcuni anni fa, scrissi parte di questo racconto, i cui stralci pubblico nei post che seguono, a Sandro piaceva il mio modo di scrivere.

Sandro mi ha inviato l’ultima sua mail un mese fa, recitava testualmente: “Sto curandomi per essere nelle forze di un'altra terapia, e prima o poi riuscirò a stare meglio con tutte queste medicine ed il riposo, ti scrivo da qui, ma poi devo cancellare tutto cronologia ecc. ecc. e non mi pare che sia comunque positivo farlo da casa. Io e te ci siamo, ma i pensieri si sovraffollano anche al punto di non riuscire a pensare all'aria eterna e a te, delle volte e non posso farci nulla, devo devo abbandonarmi alla mia famiglia e niente altro, per ora, di profondamente amoroso.Spero che mi capirai, chiudo qui, scusa ma devo.
Bacio ed abbraccio”

Un tumore se l'è portato via.

Questo blog è dedicato a lui, al nostro legame, perchè ne resti traccia, oltre che nei nostri cuori e nelle nostre anime, anche in quello sconfinato mondo che è stato partecipe della nascita del nostro amore, internet.

Ti amo senza fine, tua per sempre

C'è chi pensa che per farsi capire...

C'è chi pensa che per farsi capire sia sufficiente parlar chiaro, dire "pane al pane e vino al vino"; purtroppo non sempre è così e c’è un mondo, il mondo della chat, in cui tutto risulta ancora più evidente.

Ognuno dà un proprio valore alle parole che dice, e di conseguenza interpreta a modo suo quelle che ascolta. Ognuno ha il suo dizionario personale, nascosto nel proprio inconscio, e attraverso di esso continua a filtrare, manipolare, colorare. Pertanto le parole in se non hanno valore, lo assumono di volta in volta secondo chi le dice e chi le riceve.

Per uno che si è ustionato la parola fuoco evoca sensazioni orribili, mentre per uno che sta morendo di freddo la stessa parola è confortante.

In chat, poiché si usa una forma di comunicazione scritta, le cose si complicano ancora di più, perché manca tutto il supporto che proviene dal linguaggio del corpo, dal tono di voce. Di persona, posso dirti "scemo" guardandoti con una tale tenerezza e così dolcemente da farti sentire addirittura amato, così come posso dirti "ti amo" con un tono di voce talmente asettico da farti sentire infastidito, preso in giro. Chattando, gli sguardi, i gesti, i toni della voce non ci sono, se non nella mente di chi scrive e di chi legge, ed è qui che sorge il problema, perché chi legge interpreta a modo suo il tono del messaggio. A me è capitato alcune volte di fare un complimento in chat e di ricevere dall'altro una reazione aggressiva. Perché questo avviene? Perché l'altro ha letto il mio messaggio interpretandolo secondo il suo stato d'animo, il tono con il quale ha "letto" era probabilmente ironico o di scherno, comunque non corrispondeva al mio.

Da queste difficoltà oggettive, insite in ogni comunicazione, nascono frequentemente i molti problemi e le delusioni della chat.

Ma nascono anche, molto più raramente, sentimenti talmente meravigliosi, straordinari, fuori dall’ordinario, da poter essere definiti senza tema di smentita miracoli, miracoli d’amore.
Le tante persone conosciute, che mi hanno raccontato di essersi rifugiate in questo strano mondo, fatto di assenza di vista, olfatto e tatto, l’hanno raggiunto in alcuni casi perché il mondo esterno era stato a sua volta fonte di insoddisfazioni, insuccessi o promesse mancate.

Sembra trascorsa una vita intera, ma in effetti si tratta solo di cinque anni… cinque anni fa ho avuto modo di frequentare il mondo della chat, in occasione di uno stage fatto per un’azienda che si occupava di realizzazione di studi on line qualitativi e quantitativi… studi di notorietà e d’immagine, test pubblicitari, test di concetto, test su nuovi prodotti o servizi, sondaggi d’opinione… la chat sembrava rappresentare un panel abbastanza vasto da permettere la realizzazione estremamente rapida su campioni meglio definiti e voluminosi.

Ovviamente dovevo qualificarmi e questo talvolta rendeva meno disponibili gli argonauti a rispondere realisticamente alle mie domande, ma il più delle volte, con lo spunto dei quesiti, si sono aperte davanti ai miei occhi stupiti ed increduli, splendide storie.. storie di chat.

Non ci sono solo le parole, in una chat.. ci sono le icone: lui manda una rosa - è solo un segno di simpatia - ma per lei può significare molto di più, nella sua mente quella rosa è rossa, un simbolo d'amore, ed ecco che parte in quarta. Più siamo fragili, più bisogno abbiamo di amore, di amare, più diventa facile fraintendere.

E chi ha sofferto, chi teme, chi ha paura, chi è estremamente vulnerabile, in una chat può diventare vendicatore, non aver paura, sentirsi un leone. Può mentire, mostrarsi per ciò che non è e svelare le sue carte solo quando si sente pronto per farlo, comprendendo che la persona al di la dello schermo è incline ad accettarlo per ciò che è realmente.

Mi sono ritrovata a dare consigli, a spingere tanti ragazzi che erano chiusi a casa a chiacchierare tramite un personal computer ad andare al mare… eravamo in agosto, a spronarli a darsi totalmente alla vita, senza temere di ricevere ancora qualche piccolo schiaffo, che fa indubbiamente crescere, anche se fa probabilmente fa molto male.

Ho scoperto un universo di persone variamente qualificate che si aprivano totalmente a chi gli stava davanti, instaurando un tipo di conversazione che altrimenti sarebbe stato tanto intimo da presupporre una conoscenza molto confidenziale o familiare. E in tanti si stupivano di quanto fossi “vera” perché riuscivo comunque a non lasciarmi trasportare dai tanti racconti da deviare da quelli che erano sempre stati i miei convincimenti.

In una chat, come nella vita, si trovano innumerevoli stanze, praticamente illimitate, tante quante possono essere le situazioni che si presentano quotidianamente: c’è il Bar dello Sport, il Teatro, Assemblea, Computerlandia, Facciamo Poesia, Lo Strizzacervelli, solo per citarne alcune, ci sono le stanze riservate a diverse età e anche quelle in cui l’amore sensuale regna sovrano.

Mi incuriosiva “Chiacchiere Piccanti”, ma non osavo avventurarmi in orario d’ufficio sino a li.. che domande avrei potuto porre e chi interessare ai miei questionari? Ma la curiosità in una torrida mattinata di agosto ebbe il sopravvento… avevo un nikname un po’ particolare Careless ossia noncurante, trascurato; era decisamente asessuato, così sono stata ad osservare per alcuni minuti i dialoghi della chat, senza intervenire direttamente, per capire fino a che punto potevo essere interessata a quel tipo di comunicazione…

luca77>>> Ciao a tutti!
vale75 >>> Ciao Luca!
gattosilvestro>>> Vale ieri ho beccato Dino…
gattosilvestro>>> Sapessi che faceva…
auroras>>> E che faceva?
gattosilvestro>>> Boh? E chi l’ha visto?

I frequentatori di quella stanza possedevano niknames più eccentrici che altrove: reginadisadorna, bellarossa, donnasensualissima, maschioduro, GuardaMiSpoglio, non lasciavano adito alle motivazioni per cui erano stati creati. Poi, iniziarono ad arrivarmi i messaggi in privato, anziché nella stanza in chiaro: iniziò Pianeta5 con il classico «m o f?» che sta per maschio o femmina e poi seguirono tanti altri, xxgigoloxx mi disse «ciao», edonico79 «ciao, chatti un po’ con me?», 24cm «ciao bella!» visitor73 «Ciao, ti va di sognare?», tecnospectrum «Ciao sei f? Anni?» Ragazzobello78 «Ciao ti va di vedermi in webcam? Se vuoi sono tutto tuo…», rondalzam «Come sta la più bella del reame?», Occhiazzurri72 «Ciao bel nik, mi dedichi cinque minuti della tua vita?», oltre a tanti altri messaggi, talvolta molto impudichi, altrimenti molto casti…

Il più delle volte rispondevo semplicemente un «No, grazie», alcune volte enfatizzavo con le maiuscole, che dovrebbero simulare un tono di voce più alto, quando la domanda che mi si rivolgeva era a dir poco impertinente e avevo quasi preso la via dell’uscita, chiuso la finestra principale della conversazione, quando Robecava mi inviò un messaggio decisamente originale, tanto da indurmi a rispondergli un si deciso «Ciao, vorresti dialogare eroticamente con me? Grazie comunque per una risposta».

Il tono era garbato, sensuale ma distinto. Al mio messaggio affermativo rispose «Bene, ne sono felice.. senti, posso farti una domanda sull’erotismo?» sempre più presa ed incuriosita assentii nuovamente «Per te il mare, l’acqua, una doccia… o comunque tutto ciò che bagna è erotico?». Rimasi imbambolata a fissare quelle parole, chiedendo a me stessa una risposta onesta, evocai il ricordo delle onde del mare, le tante volte che mi ero sdraiata sulla battigia, l’impatto inizialmente impetuoso dell’acqua sulla pelle resa accaldata del sole, poi il defluire lento e pacato che le onde provocavano ritraendosi, infine ricordai le sensazioni provate durante una doccia, fresca, provocante, sensuale… la mia risposta non poteva che essere un altro benestare, quasi un placet a continuare. «Che bello bagnarmi con te…» disse Robecava e continuò chiedendomi: «Allora vuoi venire con me a navigare nell’oceano dell’eros?» Ovviamente insisteva su una strada che forse aveva già percorso altre volte, ma che comunque portò la sottoscritta ad essere completamente conquistata da quel lento e irriconoscibile incantesimo che quei messaggi provocavano.

Robecava prese a descrivermi una doccia, fatta alcuni giorni prima. E’ un ricordo tutt’ora decisamente sconvolgente, l’intensità del suo racconto era tale da farmi percepire i rivoli d’acqua che scivolavano sul suo corpo, la schiuma del sapone che cadeva a terra, le mani che scorrevano agevolmente sulla pelle bagnata, mani che percorrevano innocentemente parti intime e che poi si soffermano, quasi stupite dal piacere che provocavano, in carezze più audaci.

Entrai anche io in quella doccia, per niente agitata e rimasi sbalordita nel verificare quanto quel linguaggio, per me sicuramente inconsueto, non fosse considerato affatto disdicevole, nonostante la sua crudezza.

Da quel momento ebbe inizio qualcosa che tutt’oggi è talmente bello da superare i limiti imposti dal tempo e dallo spazio, qualcosa di incomparabile e di cui non ho mai sentito raccontare, che non ha eguali per intensità, dedizione, cura, generosità, amore e contemporaneamente per i dubbi e le incertezze, il dolore e la pena che ha provocato.

Ho deciso di scriverne, perché il tempo trascorre in fretta, troppo in fretta. Cinque anni da quando ho incontrato in una chat quella persona, cinque anni d’amore che meritano un ricordo che possa essere letto e tramandato come un monile prezioso, un raro e antico gioiello di famiglia.

Un gioiello chiamato Aria Eterna

Ciascuno di noi è portato a vedere...

Ciascuno di noi è portato a vedere ciò che vuole vedere, a sentire ciò che vuole sentire. Dal mio punto di vista penso che sono pochissime le persone che fanno del male con l'intenzione di farlo. Sono molte di più le persone che si sentono tradite perché hanno "voluto" fortemente vedere ciò che speravano di vedere e non ciò che effettivamente c'era. So che mi sto ripetendo e che molti preferiscono dare la colpa all'altro per il proprio dolore, ma se non impariamo a capire, ad "ascoltare veramente" ciò che l'altro dice, creeremo noi stessi le basi per soffrire e quando si sta male non credo sia di grande consolazione dire - si è comportato male con me, è stato falso, mi ha solo preso in giro, ecc.

Secondo me, nella maggior parte dei casi l'altro dice veramente "pane al pane e vino al vino", ma pensiamoci un attimo... quanti tipi di pane esistono? E quante qualità di vino esistono? Il problema è solo questo, che lui parla di un panino e noi lo interpretiamo come una pagnotta; lei parla di un Frascati e noi lo interpretiamo come un Brunello di Montalcino. Chattare può essere una gran bella esperienza o un'esperienza frustrante, ma non dipende dagli altri, dipende da noi; dalla nostra maturità e dal nostro atteggiamento nei confronti della vita.

Per questo mi stupii sinceramente di come Robecava ed io riuscivamo come d’incanto a capirci, da subito, perfettamente. Così come il suo linguaggio, talvolta molto crudo, non mi infastidiva, così i miei arzigogoli mentali erano dipanati nel corso di una nostra conversazione, che durava ore ed ore, interi pomeriggi. Quando invece cominciai ad inviargli delle lettere, tramite una casella di posta elettronica, quando tentavo di trasporre su “carta” i miei pensieri senza la sua presenza, senza la sua chiarezza e lucidità mentale, allora i miei scritti apparivano dissennati, senza senso. Tanto da meritarsi l’epiteto di cirillico! Ma mi accorgo di correre troppo, in effetti prima del momento in cui iniziammo ad inviarci i nostri pensieri deve essere trascorso del tempo.

Non ho memoria di quei primi meravigliosi giorni. Ricordo benissimo che avevamo lunghissimi colloqui, non c’era spunto che non ci portasse a discuterne fino a che a due persone normali sarebbe venuto a noia l’argomento, mentre noi parlavamo parlavamo parlavamo, senza stancarcene mai.

Parlavamo del mondo, delle situazioni, della chat. Robecava aveva creato una stanza privata. Solo per me, diceva. L’aveva chiamata Dolcèros. L’ho scritta accentata perché per più di un mese io leggevo dolce rosa, senza la a finale e quindi era un nome per me senza un vero significato, tanto da dimenticarlo ogni volta. Robe si indispettiva «Come è possibile che tu non ricordi il nome della nostra stanza?».

Solo quando, mesi dopo, sentii pronunciare il nome di quella stanza in un dialogo al telefono, riuscii finalmente a capirne il significato, dolce eros e da quel giorno non la dimenticai mai più.

Emozionanti quei primi giorni

Emozionanti quei primi giorni. Il presentarsi «Ciao io sono Roberto, ho trentacinque anni, sposato e con una bambina piccola. Mi occupo di comunicazione e sono stato molto incuriosito dalla chat.» «Piacere, io mi chiamo Alberta ho ventisei anni, laureanda in giurisprudenza, lavoro in una fotocomposizione per pagarmi gli studi.», scoprire di avere le stesse passioni, gli stessi interessi, la stessa forma mentis. Poi, piccole o grandi bugie, perché? Forse volevamo apparire migliori di ciò che eravamo o, più semplicemente, non volevamo svelare tutto di noi, non diventare schiavi di un rapporto sconosciuto. Pane al pane e vino al vino… ne eravamo lontani, entrambi, molto lontani. E faticammo tutti e due per rendere tangibili quei nikname che nascondevano perfettamente le nostre identità.

Una mattina accadde qualcosa di strano… ci eravamo trovati, come al solito in una delle nostre accese discussioni: sesso e amore. Talvolta inconciliabili per Roberto, inscindibili per me.

Cercavamo di convincere l’uno delle ragioni dell’altra, fino a che Roberto volle dimostrarmi che la tensione erotica si volatilizzava nel momento in cui la tenerezza amorosa faceva capolino.

Le situazioni che avevamo creato e che ci facevano sconfinare in un oceano di piacevole dissennatezza, fino ad allora, avevano l’apparenza di momenti facilmente riscontrabili nella vita di tutti i giorni. Un incontro sulla spiaggia o il ritrovarsi a casa in una calda giornata d’estate.

Quella volta, invece, Roberto prese a descrivermi una taverna, che io e lui avremmo dovuto raggiungere su un cavallo, io con una caviglia slogata, lui che mi prendeva in braccio e mi portava dentro una delle stanze… poi un letto, i nostri corpi e poi… mi sentivo totalmente fuori posto.

Il linguaggio che Roberto usava non aveva alcunché di volgare, quindi perché all’improvviso quella sensazione molesta? Gli domandai se stava bene, se si sentiva a posto, se tutto filava liscio: non mi sembrava più lui! Ma nonostante i suoi assensi continuavo a sentirmi molto a disagio. Mesi e mesi dopo… quel dolce uomo innocentemente al telefono si lasciò sfuggire che una volta, avendo ceduto il suo posto al computer ad un collega, l’aveva fatto chattare con me e, incredibilmente, io avevo percepito che c’era qualcosa di differente, nonostante il tono fosse praticamene lo stesso.

Quando me lo disse mi sentii sprofondare in un baratro… mi sentivo tradita, ingannata, usata come un oggetto, desolatamente sola… ero disperata, cominciai a piangere sommessamente, fu una sensazione terribile: come se altre mani idealmente mi avessero sfiorato, altre labbra baciato…

Di quella capanna, sino al momento in cui Roberto non fu sostituito dal suo collega è rimasto il ricordo di un cavallo… un ronzino che più volte è tornato nei nostri sogni, facendoli diventare a volte degli incubi

Roberto ed Alberta

Roberto e Alberta. Due nomi che non erano i nostri. Due personalità dietro alle quali si nascondevano persone che sentivano forte il bisogno di dare. Innegabile quanto sin dall’inizio la nostra percezione del bene e del male fosse totalmente profusa verso ciò che poteva essere il bene dell’altro. Solo dell’altro.

Roberto e Alberta volevano solo amare. O, meglio, Sandro e Barbara volevano solo amare.

Quando confidai a Sandro il mio vero nome, dopo lungo tempo da quando lui mi svelò il suo, lo feci con il timore grandissimo che quella piccola bugia, potesse fargli perdere interesse nei miei confronti, che le bugie l’avrebbero potuto allontanare. Lo dissi dopo mille preamboli, facendomi promettere che nulla sarebbe cambiato fra noi. Poi le sue prime parole furono che il mio nome gli piaceva enormemente. Non solo il mio nome, ma anche della mia professione era estremamente affascinato.

Avevo paura, all’inizio. Paura forse anche di lui, ma soprattutto delle emozioni e delle sensazioni che riusciva a provocare in me. Mi attraeva tanto da esserne rapita e stupita e questo mio darmi completamente mi intimoriva, mi allarmava. Perché sentivo la necessità di confidargli tutto di me?

Gli scrissi una lettera, impaurita. Lo pregai di aiutarmi ad alzare un muro, che fosse rinforzato, cemento armato, non potevamo permetterci di pensare a qualcosa di diverso che a un discorso nato e da far continuare solo in una chat, tra noi.
Mi rispose “ti prometto che il muro sarà ferreo, sto già prendendo lezioni da muratore...”
Avevo comunque creato questa specie di paravento, un’identità che non mi apparteneva, una città in cui ero vissuta e che quindi conoscevo come le mie tasche, Ferrara, ma dalla quale mi ero allontanata da tempo.

Sandro una mattina si mise a farmi strane domande «Abiti da sola? A che ora ti alzi la mattina? Hai la voce assonnata appena sveglia?» Risposi ai suoi quesiti quasi fosse un gioco. Mi aspettavo in effetti una specie di quiz e in base alle risposte fornite presumevo Sandro avrebbe fatto un profilo della mia persona.

Invece non accadde niente di tutto questo: l’indomani mattina mi disse che aveva telefonato a tutte le ragazze che corrispondevano al mio profilo: al giornale avevano un data-base aggiornatissimo. Aveva provato a fare alcune domande e non contento aveva infine telefonato all’Università.

A quel punto infatti avevo confessato il mio nome e la mia professione, ma non avevo detto ancora di vivere a....

Al centralino dell’Università aveva detto di avermi incontrato ad un convegno svoltosi poco tempo prima, ma di non ricordare il mio cognome: la centralinista, gentilissima, cercò di aiutarlo, ma, ovviamente, la ricerca fu vana.

Quando mi raccontò di queste ricerche, mi parvero talmente assurde da non volerci credere: Sandro mi aveva dato da sempre l’impressione di essere una persona molto affidabile, “serio e corretto” amava definirsi, quindi non volli credere ad una delle sue parole, le presi per uno scherzo, anzi per un modo molto discreto di farmi la corte, come a farmi capire che avrebbe potuto farlo, ma che non lo avrebbe mai fatto, per rispetto alla mia persona.

Mesi dopo, quando ciò che ci aveva unito veniva di giorno in giorno concretizzandosi maggiormente, scoprii invece che le sue non erano bugie, ma innegabili realtà: se avessi minimamente sospettato che quelle telefonate erano state veramente fatte avrei troncato quel rapporto sul nascere, mentre invece è stato ed è il grande amore della mia vita

Quando Sandro ed io...

Quando Sandro ed io avevamo rivelato i nostri nomi, eravamo ormai giunti alla fine del mese di agosto; dirmi che non aveva 35 anni fu per lui un grandissimo scoglio; per me, che l’avevo sempre sospettato fu un sollievo; mi disse di avere 49 anni, io svelai i miei 34 compiuti e nel frattempo altre piccole e grandi coincidenze: eravamo entrambi dell’acquario, lui 9 febbraio io 18 (9+9… altra coincidenza?), entrambi nati e cresciuti a Roma, gusti così simili che sapevamo quasi cosa potesse piacere all’altro: pizza margherita, Beatles…

Io di musica sapevo ben poco, ma lui dopo anni di conservatorio e con il rammarico di aver intrapreso la professione giornalistica solo per volere dei suoi genitori, aveva un universo di meraviglie che mi affascinava: non solo suonava pianoforte e chitarra, ma componeva! Che sogno sarebbe stato per me ascoltarlo suonare… ma Sandro aveva ancora un piccolo piccolissimo segreto.

Qualcosa che per lui costituiva realmente un problema, tanto che credeva potesse essere in grado di far finire tutto ciò che erano iniziato… anzi, un segreto e una piccola bugia, come ebbe a confidarmi in seguito. Quando finalmente trovò il coraggio di rivelarmi che aveva compiuto 49 anni e di non aver mai portato a termine gli studi universitari scoppiai in una gran risata per la gioia ed il sollievo: il mio Piccolo (ho sempre adorato chiamarlo così…) aveva veramente piccoli e futili segreti!

Ricordo tanti di quei messaggi in posta elettronica… alcuni li ho imparati a memoria, tanto mi rendevano felice… Lunedì 28 agosto, mi riportò un pensiero che aveva scritto, la domenica precedente, recitava pressappoco così “Ciao stupenda... volevo solo dirti che sono felice, come non lo sono mai stato, felice di sapere che esisti, che sei vera, che vivi, che ci sei, che ridi, che piangi, che stuzzichi, che parli e che sopratutto chatti e scrivi a qualcuno che non ti dimenticherà mai più! And” e, subito dopo “Cara mia eternità chiamata Barbara... sto vedendo un film, ma a che serve? Sento sì le voci, vedo le immagini… ma non capisco nulla. Io capisco solo te ora, ti comprendo, ti assaporo, ti ricordo… ti amoro. Vedi, non riesco a non farlo, devo comunicare con te… sbaglio lo so ma ormai… Cerca però di fare tesoro di questi miei pensieri, tienili dentro con te perché dovranno essere giusto seme per far crescere ancora di più il tuo stupendo amore con il RE! Ti abbraccio e ti…, ma non lo scrivo.”

In effetti lo scrisse, quello stesso giorno in un’altra e-mail… abbiamo avuto dei momenti in cui, per il troppo lavoro, per tanti altri impegni, Sandro passava dei giorni interi senza scrivermi neppure una riga. Avevo addirittura il timore di aprire la mia casella di posta elettronica, sapevo che mi avrebbe fatto male tanta deserta desolazione… ma questo non accadeva certo in quei primi mesi della scoperta del nostro amore…

Mi scriveva "Mia infinita ed inesauribile dolcezza, sono qui a scriverti, dopo circa 48 ore e nulla è cambiato, anzi! Mi trovo sul terrazzo di casa mia, solo, e guardo il cielo, nuvoloso ma sopra le nuvole sereno, cercando tra esse la via per giungere a te con la mia mente fino a Ferrara, delicato amore mio. In questi due giorni ho cercato mille e mille modi per non pensarti, per non soffermare la mia mente sulla Tua entità.... tu per me non hai un viso, non hai una voce eppure ti sento sempre accanto come una costante e meravigliosa presenza. Sabato mattina sono andato in barca con un amico, cercavo distrazione ed invece tutto quel mare azzurro, l'oceano, l'acqua… tutto era parte di te e tu eri dovunque. Mi sono trovato spesso a cercare sulla spiaggia donne che potessero essere come te, ma era difficile… eppure come un cretino mi domandavo forse è come quella… forse è così… strano no? Volevo scriverti queste mie sensazioni, non dirmi che sbaglio, tanto non serve a nulla, questo non significa che non rispetterò i confini del nostro rapporto, non temete il muro tiene e poi ti ricordi: i principi non regnano. Comunque di una cosa sono certo, io ringrazierò tutta la vita il destino che mi ha permesso di sapere che esisti… che mi ha concesso di scriverti e che mi permetterà di pensarti. Sei una persona veramente stupenda da coccolare e viziare, lo meriti. Scusami ancora per queste parole forse troppo vicine al confine invalicabile ma mi sei entrata dentro e nessuno, dico nessuno, potrà mai toglierti dai miei pensieri. Ora è Lunedì, ricopio questa in e-mail e poi vado a vedere se tu per caso mi hai scritto. Non fraintendermi se chiudo con una frase forse banale e forse non rispondente alla realtà delle nostre vite ma tu la meriti: ti amo teneramente… SMACK! Sandro”

Per quanto Sandro cercasse di farmi “sporcare con la cioccolata” era perfettamente cosciente di quanto fossi fragile nel riconoscere in me stessa una parte sleale e negativa. Per questo aveva coniato per me parole nuove e decisamente inconsuete. Amorare per esempio, era la somma di amare ed adorare. I Regni, e quindi il Re, di cui parlava erano le nostre rispettive famiglie, noi invece eravamo i Principi, Principi che non avrebbero mai regnato, più tardi inventò un altro verbo, dolcezzare… ma questa, come si dice, è un’altra storia

Con la fine del mese di agosto...

Con la fine del mese di agosto arrivò la mia partenza per Oslo: dovevo incontrare il mio futuro sposo, Daniel, anche quella una coincidenza: il figlio maggiore di Sandro si chiamava Daniele. Non ero affatto sicura di volermi sposare, a quel punto.

Mi ero innamorata, pazzamente, di un uomo che non avevo mai neppure visto, che senso aveva sposarmi, vivere nella falsità?

Ricordo ancora molto precisamente tutti i rimproveri che mi fece Sandro, l’idea di “sporcarsi con la cioccolata” è un concetto di vita vera che più volte mi ha aiutato a considerare questo nostro amore qualcosa di totalmente al di fuori della norma, che mi ha permesso di crescere, di diventare “grande”. Avemmo una discussione molto accesa, come ci accadeva sempre, viste le nostre personalità, entrambi forti, la sua dell’esperienza, la mia di caparbietà infantile. Io affermavo che le favole esistono, che basta saper aspettare, che tutta la vita può essere una favola meravigliosa. A posteriori, non saprei essere del tutto onesta: intendevo forse dire che dovevo aspettare, aspettare il mio solo e unico vero grande amore, cioè lui? Che dovevo abbandonare Daniel, essere onesta con lui e con me stessa? Che avrei voluto essere solo di Sandro, comunque fosse andata?

Non so cosa Sandro abbia capito quel pomeriggio, so che in seguito mi ha fatto capire che più volte è stato sul punto di troncare questa nostra meravigliosa storia, per timore di devastarmi la vita con un amore impossibile.

Comunque, io rimanevo dell’idea che l’Aria Eterna, come ebbe a chiamarla Sandro, ossia la nostra storia d’amore fosse una favola e che come tale doveva avere un lieto fine: se era vero che io ero una Principessa, una Principessa Ideale, come Sandro amava chiamarmi, perché lui non poteva essere il mio Principe? E come può una Principessa delle favole non essere virtuosa e giusta?

“Amore mio bellissimo” mi scrisse in una delle innumerevoli e bellissime lettere “perché questa tua necessità di essere sempre agli occhi degli altri “retta”, perché? Perché pensi che si deve essere retti? Da dove nasce questa tua convinzione? A me, personalmente, le persone solo rette spaventano, sai? Le vedo sempre come se vivessero ai margini del vero mondo, senza mai sporcarsi, senza mai provare necessarie sensazioni di corruzione, cioè essere delle volte anche viziosi, ma nel senso di vizio buono che insegna a distinguerlo da quello cattivo. Io ti vorrei retta ma anche un po’ immorale, capace di sbagliare, qualche volta di mischiarsi alla vita, ad un mondo che non è certo tutto giusto. Io credo che in un altro momento, il parlare ad una persona a cui vuoi bene e che stimi e di cui hai fiducia sia opportuno per guidarti verso il traguardo di un essere insieme al mondo, quindi non sempre in alto e a sporcarsi la bocca mangiando un bel gelato, azione che permettiamo solo ai bambini che giudichiamo belli così... e noi grandi? Io credo che saremmo belli anche noi grandi con la bocca tutta sporca di cioccolata.. ogni tanto. Si, amore, tu continui a vivere nella tua favola: accosti tutto ad una favola, ma solo perché il farlo serve a confermarti la tua rettitudine. Le persone solo rette, per comodità e facilità, questo fanno perché così non hanno mai, con certezza, la possibilità di "sporcarsi" e di essere quindi nel mondo. E vivono, mangiano, dormono e sognano (che è un bene) e va benissimo così, tranne se all'improvviso un albero caduto dal sogno si abbatte su di loro; e siccome conoscono solo l'essere retti, si piegano schiacciati dall'albero, senza fare nulla perché loro sanno (favole) che tanto arriverà magari una fata e con una bacchetta magica solleverà l'albero. Io vorrei che tu continuassi ad essere retta, non voglio che diventi una qualunque, no amore, ma vorrei che provassi qualche volta a dubitare di qualcosa, almeno quello! Non voglio certo che tu pensi che tuo padre la tua amica abbiano un'amante, no, ma vorrei che pensassi ugualmente che non lo abbiano... ma non soltanto perché lei ha due bambini o perché tuo padre ama tantissimo tua madre, ma magari anche perché che so... non gli è mai capitata un'occasione da far perdere la testa. Questo vorrei, che continuassi a volere favole, ma che ogni tanto fossi meno retta e quindi più reale e quindi bisognosa e quindi umile e quindi errata e quindi con gli altri e quindi…. ogni tanto sporcati la bocca di cioccolata, ma non nascosta dietro un albero: bene in vista alle persone non solo estranee ma anche care. Credo che risulteresti molto più vera e amabile. Ma è un mio punto di vista, non lo prendere per oro colato. E non pensarci però… cioè sai… questo accade con gli anni che passano e che insegnano e certi ci arrivano prima altri dopo; dipende dalle delusioni cocenti della vita che senza guardare in faccia insegnerà a essere meno retti, vedrai. Vorrei che tu ti sforzassi di cambiare solo un pochino per non aspettare inerme. Vedi amore mio, non saranno solo delusioni di tradimento di un amico, avvilimento di un comportamento, amarezza, ci saranno anche momenti molto duri ed è in quelli poi che si rivaluta tutto e che si riconoscono molte cose per quello che sono. Io sono onorato di sentirti parlare della tua famiglia, davvero e fallo quando vuoi, mi sento con te quando accade, con te in tutti i sensi amore. Io ti adoro e ti amo e cerco di avere cura di te, ma capisco anche che potresti non approvare tutto quello che ho detto e se accadrà per me non cambierà nulla... continuerò ad amarti per tutta la vita. Ti amo. Sandro…

Partii per quel viaggio, implorandolo di riempirmi la casella di posta elettronica di tante bellissime lettere, che avrei letto al ritorno.

Mi accomiatai da Sandro dopo un altro momento di estrema commozione, che ricordo come fosse avvenuto solo pochi mesi fa.

Eravamo in chat, a chiacchierare, Sandro sapeva che da lì a pochi giorni avrei preso un aereo e avrei trascorso il mio tempo dapprima a Roma, dove abitavano i miei genitori, poi ad Oslo, con il mio prossimo marito.

Sapeva anche quanto fossi combattuta; ci eravamo, come si sul dire “dichiarati”. Ciò che stupisce ancora oggi, che ci stupisce, è la capacità di comprendere l’altra persona, nonostante fossimo allora soltanto davanti ad uno schermo di un computer.

Iniziai a piangere, sommessamente, se avessi potuto scegliere non sarei partita, ma avevo delle responsabilità, sapevo di averle, non potevo mollare tutto all’improvviso.

Non mi spiego come, se non per quello straordinario contatto che si creò non appena i nostri spiriti entrarono in comunione tra loro, Sandro si rese conto che stavo piangendo. Eppure non c’era stata una dizione diversa nel mio scrivere, niente che lasciasse supporre il mio stato.
Mi aiutò ad uscire da quello stato di prostrazione e disperazione nel quale ero caduta, e poco dopo mi scrisse: “Ho letto, ho bevuto, mi sono finalmente dissetato... è stata dura… tutto quel cercare di essere distaccato dai miei dolori allo stomaco… lo sforzo fatto per cercare di rimanere a galla… perché tu stavi affogando e non potevo permettere di perderti… anche se ti perdevo nell'acqua... è stata dura… ma credo di aver saputo agire bene… tu eri disperata ieri e sentivo questa tua disperazione scorrermi nelle vene al posto del sangue… ho tenuto le posizioni e di questo sono molto contento, per te e per me. Le tue e-mail o meglio le tue emozioni sussurrate per iscritto sono da appendere e da rileggere sempre… tanto sono piene di profonda vita... di profondo affetto e rispetto di me e del RE! Oggi posso finalmente dire, senza angosce... senza crampi allo stomaco… Ti amo e ti amerò sempre… senza fine ma con la consapevolezza che il saperti felice farà di me un uomo FELICE! Vorrei ora sentirti in dolceros per poter finalmente parlare con te di progetti, viaggi, esperienze. Di tutto quello che due ottimi amici che si amorano possono dirsi. Per l'ultima volta… Sei profondamente mia… indistruttibile… e ti conserverò sempre nel mio cuore. Sandro P.S (i love you) ehehehe Beatles… vieni in chat? SMACK!
Ciò che fa parte di un dialogo tra amici”

Non credo sia giusto soffermarmi più di tanto su quanto quel viaggio incise nella mia vita. Decisi di rimanere con Daniel e fu una scelta dura, sapevo di amare profondamente Sandro.

Ma lui era sposato e voleva anche molto bene a sua moglie. Forse rappresentavo per lui una infatuazione estiva, anche se non avevo mai avuto l’impressione di essere la conquista di una notte. Ma dopotutto poteva essere solo il mio ego smisurato a crederlo. Era un uomo di 49 anni, alle spalle un matrimonio contratto in giovane età e finito male, due figli, una posizione da salvaguardare e una moglie che lo amava e che lui contraccambiava: sapevo che non avremmo avuto un futuro.

Fu davvero difficile con Daniel.

Furono dieci giorni di grandi silenzi, di parole non dette, di fraintendimenti, fino a che quell’uomo dolcissimo che ho deciso di sposare e a cui ho capito con il tempo di volere tanto bene, anzi, di amare, mi prese una mano, la poggiò sul suo cuore e disse “Lo senti? Batte ancora, non lo hai spezzato!”.

Si riferiva al fatto che avevo saputo di non poterlo rendere padre, ma io lo presi come un segno del destino, non potevo assolutamente fargli del male, né a lui né a Sandro.

Quando tornai a..., dopo tanti giorni vissuti pensando costantemente ad Sandro, ebbi un grande grandissimo timore: a settembre riaprono le scuole, Sandro mi aveva detto che Arianna, sua moglie, sarebbe rientrata a casa la terza settimana di settembre.

Avevo in testa solo il pensiero che poteva non avermi scritto neppure una virgola. Appena fossi partita forse mi aveva dimenticato.. e se anche non fosse accaduto, sicuramente quando Arianna fosse rientrata a casa, insieme a Michela, la più piccola dei suoi figli, sicuramente avrebbe cancellato quell’episodio estivo che invece aveva illuminato la mia anima di un sentimento così incredibilmente profondo.

Anzi, in qualche modo speravo fosse così. Speravo che ciò che provava per me fosse qualcosa che non avrebbe mai turbato la sua vita, la sua famiglia, il suo mondo: faticavo, nonostante tutto, a scrollarmi di dosso l’idea di essere una “brava ragazza”.

Tornai in ufficio, ma non volevo accedere a quella casella di posta elettronica. Vivevo un po’ come un sogno, cominciavo fin quasi a perdere cognizione che ciò che avevo vissuto alcune settimane prima fosse davvero realtà.

Continuavo a pensarlo, ma lo facevo con una grande malinconia, come qualcosa che ero certa di aver perso.

Poi, il 25 settembre, mi dissi che dovevo avere la forza di sopportare quella che poteva essere la fine di un sogno, ossia accedere a quella casella di posta elettronica, verificare che, come supponevo, sarebbe stata desolatamente vuota e poi… poi non sapevo cosa avrei potuto fare.

Mi feci coraggio, aprii. Ricordo perfettamente la sensazione che provai, perché quella casella, una casella di posta elettronica tutt’ora attiva, era davvero piena piena fino all’inverosimile di messaggi e tutti di Sandro! Non saprei dire quanti ce ne fossero, ma erano pagine e pagine, mi aveva scritto più di un messaggio al giorno ed io non riuscivo veramente neppure a leggerne uno.

Gli scrissi, a mia volta, gli spiegai che ero rientrata da una settimana, che non avevo letto neppure uno dei suoi messaggi, che non aveva importanza nulla di nulla… ero felice! Più tardi lessi con calma tutte le sue lettere, pregne d’amore, di solitudine, anche lui ormai certo che non mi facevo sentire perché il nostro amore non poteva avere un futuro eppure mai una parola ostile o sgarbata nei miei confronti, accettava ogni mia decisione con il massimo rispetto.

Sandro era un uomo d’altri tempi, un uomo onesto e leale, ciò che si dice un vero signore, fin da subito ne fui cosciente e ancora oggi sono innamorata pazzamente dell’uomo che era.

Ritrovare il suo amore intatto...

Ritrovare il suo amore intatto, dopo quella lunga assenza, fu un’esperienza sublime. Leggere le decine e decine di lettere che mi aveva scritto, appassionate, dolci, timorose, delicatamente superbe, così innamorate mi facevano sentire veramente una Regina. La più bella delle Regine delle Favole. Sandro non smetteva mai di farmi dei complimenti. Coglieva tutte le occasioni per dirmi che ero bella, stupefacente, meravigliosa… e io gongolavo. Poi ne rimanevo intimorita e ogni volta negavo tanta bellezza.

Una volta rientrata sembrava che la mia vita avesse subito una svolta: avevo deciso di continuare a vivere due meravigliose storie d’amore, due nella stessa vita, non è certo cosa da tutti i giorni! Avrei continuato a volere Daniel accanto a me, ogni giorno della mia vita e altrettanto avrei fatto, se lui lo avesse voluto, con Sandro. Sarebbe stato qualcosa di meraviglioso: all’inizio vedevo solo tutto il buono di questa situazione. Mi aveva stregato quell’uomo tanto affascinante quanto innocentemente malizioso e come è sempre accaduto quanto ha voluto qualcosa da me, non ha dovuto faticare molto per averlo.

Il sentirci solo tramite una chat o con delle e-mail era davvero limitativo. Sandro prese a farmi quella che dolcemente a me piace chiamare “la lagna”. Mi chiedeva tutti i giorni la stessa cosa, più volte al giorno: telefonami. Non voleva ovviamente il mio numero, mi diede il suo, quello della sede del suo giornale. Mi disse che era un numero al quale rispondeva soltanto lui, che non avrei dovuto preoccuparmi assolutamente di nulla, voleva solo sentire il suono della mia voce. E poi prese a dirmi che sarebbe servito ad entrambi, che avremmo smitizzato un amore tanto inumano. Non fu questo a convincermi, ma semplicemente sentivo che era il momento giusto per farlo, così in un pomeriggio di settembre presi il coraggio di comporre quel numero, proprio mentre eravamo in chat. Gli preannuncia che avrei telefonato e tenni fede alla parola data.D

Di quella prima meravigliosa telefonata, che durò forse più di una mezz’ora, ricordo ancora la fortissima emozione. Tanto forte da farmi sentire come una quindicenne al suo primo appuntamento. Credo di non aver detto che poche parole. Sandro invece fu meraviglioso.

Continuò a parlare parlare parlare, quasi a coprire i miei silenzi, ogni tanto cercava di indurmi a pronunciare perlomeno qualche sillaba, ma credo di non essere andata mai oltre un “si” o un “no” appena sussurrati. Mi parlò di Roma, la mia Roma, chiedendomi quali fossero le strade più belle di Ferrara (continuavo a nascondergli la mia città di residenza), quali i piatti principali, come andava il mio lavoro… gli avevo fatto credere di continuare nella professione che avevo intrapreso a Ferrara, insegnare Biologia in un Istituto Professionale e quindi aveva preso a chiamarmi “mia dolce prof.”Chiuse la telefonata in un modo tanto meraviglioso che ancora mi commuove, a distanza di anni. Continuò a salutarmi mentre appoggiava la cornetta, quasi che non volesse mai più chiudere un contatto che ormai si era definitivamente spalancato con me. L’indomani mi scrisse una lettera meravigliosa: “Dolcissima ed eterna amica mia, io ancora devo riprendermi da ieri sera, la tua voce mi è rimasta dentro e quel tuo modo di dire... dimmi... da infarto, da colpo al cuore, da cazzotto alla bocca dello stomaco. Ma sono convinto che abbiamo scelto giusto: il telefonarci. Si credo di sì perché non abbiamo smitizzato nulla, noi purtroppo non siamo mitici ma realmente veri. E quindi sono convinto che ora che siamo noi e sappiamo chi siamo: sai la voce, ascoltarla, da messaggi inequivocabili. Ho letto ora le tue e-mail: sei proprio dolce e carina, hai modi comportamentali veramente delicati e profondi. E poi, la descrizione della mia voce, ma sei pazza, non si fa così.!!! E poi... ma quanti poi dolce amica mia... tanti e da non dire! Sono io che dico grazie, tu me ne hai detto troppi e tutti bellissimi! Oggi ho molto da fare, ti va un appuntamento in chat? Diciamo alle 13,30? Spero che ti vada... Questa notte (e poi giuro non ti dirò altro) mi sono svegliato almeno sei o sette volte: eri tu che mi svegliavi. Poi vorrei tanto una volta descriverti la musica, come la sento io... per trasmetterti emozioni, per fartela vedere in un altra ottica e “titolo canzone” potrebbe essere una bellissima lezione.. anche questo spero che ti vada... Ti adoro come sempre, certo dopo averti goduta ieri sera di più, ma ora so che avrò sempre il ricordo della tua voce… e lo terrò con me per sempre. Ah senti posso farti un regalo… ci terrei veramente che tu accettassi… riguarda il tuo cellulare… tranquilla però: io potrei farti caricare tutto quello che voglio, sai qui al giornale abbiamo un credito aperto, solo per gli amici, ma attenta, senza sapere il tuo numero, ok? Mi dici di si? Sarei molto contento di darti io il modo di chiamarmi, se vorrai. Smack!! Sandro”.

Continuammo a scriverci, a telefonarci, eravamo come due bambini che hanno appena scoperto l’esistenza della cioccolata: nessuno dei due pensava minimamente di dovervi rinunciare, anzi eravamo fermamente convinti che amarci avrebbe portato linfa e vitalità e gioia nelle nostre rispettive famiglie e il crederlo ci faceva sentire a posto con le nostre coscienze, tanto da permetterci di continuare a vivere un amore che altrimenti sarebbe stato concretamente devastante per entrambi.

Aria eterna

Aria Eterna. L’Aria Eterna non è una rosa senza spine, al contrario piano piano tutte le spine spuntarono una dietro l’altra, sempre più pungenti. Rimorso, pensierosità, dolore, pentimento, disappunto, indignazione, brama, sospetto, scrupolo, gelosia… ce n’era di che distruggere un rapporto così bello. Il nostro resse, sino all'ultimo.

La moglie di Sandro, il mio Daniel, ignari di tutto e così al centro di ogni nostro pensiero, ogni attenzione riservata perché nei “Regni” tutto funzionasse alla perfezione, erano il fondamento per il nostro poter vivere questa storia meravigliosa. Bastava una piccola incrinatura, un attrito, perché tutto il nostro meraviglioso castello di carte crollasse, senza lasciare superstiti. Così ognuno di noi faceva il tifo, era di sostegno all’altro. Sandro ha sempre amato molto Arianna. Quello che li legava era un rapporto fatto di un amore maturato negli anni, con la consapevolezza della stima reciproca e di una passione che li aveva uniti a scanso di tanti impedimenti sulla loro strada.

Invece il mio rapporto con Daniel era… agli albori. Mi è sempre mancato il rispetto che so Sandro nutriva per sua moglie. Un amore tanto forte può trovare anche dei momenti di vera ostilità nel suo intimo. Invece noi due eravamo come sulle rive di un lago, senza tempeste, sempre quieto e tranquillo, imperturbabile.

Quanto amavamo ed amiano discutere...

Quanto amavamo discutere, anche molto animatamente Sandro ed io. Lui possedeva il dono della pacatezza, è sempre stato molto misurato, posato io al contrario sono molto irruente, impulsiva, irriflessiva. Avere la possibilità di averlo accanto in tutti questi anni mi ha fatto mutare atteggiamenti e modi di essere, mi ha cambiato, migliorandomi. Ne hanno giovato sia le mie conoscenze, che il mio lavoro, che la mia famiglia e le mie amicizie. Ho imparato che non è sempre tutto vero ciò che si vede ad una prima sommaria occhiata, che non sempre tutto il male è negatività, sono, come si sul dire, cresciuta grazie ad Sandro. Ma lui ne ha avuta tanta di pazienza con me e ne ha avuta sino all'ultimo, immutata, come ai primi tempi.

Io inizialmente mi sentivo profondamente in colpa nei confronti della sua famiglia. A causa mia lui faceva molto tardi, tornava a casa non prima delle 22.00 ogni sera. Ero arrivata ad accusare lui di egoismo perché mi “costringeva” a fare tardi la sera, per rimanere in chat o al telefono con lui. Lui pazientemente dipanava i miei dubbi, le mie incertezze, alcune volte perdeva la pazienza, ma diceva che gli bastava ascoltare la mia voce e trovava istintivamente la forza per spiegarmi, per farmi capire dove a suo parere sbagliavo, dove cadevo per troppo amore. Usava una terminologia meravigliosa per descrivere le nostre conversazioni… diceva di dissetarsi di me, della mia voce, come un assetato in un deserto. Riusciva a calmarmi quando in ufficio perdevo la pazienza: mi bastava leggere una sua lettera, un suo pensiero e sempre mi sentivo nuovamente a mio agio; gli dicevo che era un capo perfetto, che trovava sempre la soluzione ad ogni problema, beati coloro che lavoravano con lui!Insistevo a non volergli dare il mio numero di cellulare e neppure quello del telefono in ufficio, ma per questo c’era una ragione: avrei dovuto dirgli che abitavo a... non a Ferrara e a questo punto ero terrorizzata che questa mia ulteriore bugia avrebbe potuto ferirlo, fargli del male, non sapevo come evitarlo!

Poi ad ottobre, alla fine di una meravigliosa lettera mi scrisse: “Vorrei farti un regalo, davvero niente ricariche telefoniche, ho promesso e dovresti darmi un fermo posta di Ferrara… io lo spedisco, tu leggi il biglietto n. 1, esegui quello che c'è scritto, poi leggerai il biglietto n. 2 ed eseguirai: non è uno scherzo, sarà molto bello.”Gli dissi finalmente che vivevo a..., non a Ferrara. Lo feci, lo ricordo, quasi in lacrime, continuando a chiedergli perdono per la bugia, cercando di spiegargli, di giustificarmi, di trovare il modo perché potesse capirmi.

Rimase decisamente stupito e molto dispiaciuto, anche se non lo diede decisamente a vedere. Mi aveva immaginato tante di quelle volte a Ferrara, era andato a cercare cartine e fotografie della città per immaginarmi in quel contesto e poi di punto in bianco dicevo di abitare a...!Superato anche quello scoglio, diedi il fermo posta di... e mi arrivò un pacchetto. Vedevo per la prima volta la sua calligrafia, ricordo andai a ritirarlo alla Posta e tenevo quell’oggetto nelle mani, non stavo più in me dalla gioia. Dalla gioia e incomprensibilmente dalla paura.

Ne parlammo, prima che io andassi in posta: gli spiegai che mi sentivo come se da quella busta potesse uscire fuori una persona, lui. Ne ridemmo insieme, ma in realtà ero stupidamente impaurita. Arrivai a casa e, come da istruzioni impartite al telefono, aprii la busta. Conteneva due fogli manoscritti e un cd.

Aprii il primo dei due fogli: Cara e dolce amica mia, diceva, dunque… siediti, mettiti comoda, rilassati ed inserisci il CD, canzone n. 12.Ascoltala la prima volta, solo ascoltare, l’armonia è difficile da capire subito.

La seconda volta stai attenta alla prima voce che canta.

La terza volta stai attenta alla seconda voce che canta.

La quarta volta stai attenta all’armonia dei violini.

La quinta… riascoltata tutta, sempre concentrata.Ora, dovresti avere dentro di te la magia di questa meravigliosa canzone. Non badare troppo al testo. Smack! Sandro.

Dopo aver eseguito diligentemente tutte le istruzioni tanto amorevolmente impartite avrei dovuto leggere il contenuto del secondo foglio.. mi sentivo come prima di un esame. Ora mi domanderà qualcosa della musica ed io che sono totalmente ignorante in materia lo deluderò.

Tradirò le sue attese e le sue speranze… ascoltai ancora molte volte quel cd, cercando di capire se c’era qualche messaggio “cifrato” nella musica che io avrei dovuto comprendere. Più mi intestardivo, peggio era: cosa aveva voluto comunicarmi Sandro con quella musica? Alla fine, tendenzialmente disperata, aprii il secondo foglio. "Ora, amore, mettiti comoda, di nuovo, accendi e ascolta di nuovo… nell’introduzione io ti dico… amore balli con me? Tu ti alzi ed… ecco quando la prima voce solista comincia a cantare, io ti cingo la vita e, stretto a te cominciamo a ballare questo stupendo lento… ti sussurro all’orecchio… quanto sei bella… siamo guancia a guancia… e, mentre ascolti, immagina che stiamo meravigliosamente ballando, abbracciati, legati ed innamorati. Smack. Sandro."

Piangevo senza neanche essermene accorta, l’emozione di quelle parole, su quella meravigliosa musica, il sollievo e la trepidazione erano incontrollabili.

A distanza di anni, ballammo davvero su quelle stesse note, Sandro mi abbracciava e insieme continuammo a sognare un sogno chiamato Aria Eterna.

Eppure quelle spine...

Eppure quelle spine, che avrebbero dissuaso ogni essere umano ragionevole dal continuare una storia finita già prima di cominciare, non facevano che renderci più felici, forse non molto consapevoli, non ancora. Io vivevo sola, ricordo con un sorriso quando Sandro ogni sera si dispiaceva dicendo “quanto spreco…”. In qualche modo cercavo di prepararlo a ciò che avremmo vissuto in un prossimo futuro, quando Daniel si fosse trasferito a....

Avevo vissuto questa storia con Sandro e mi ero abituata, con il tempo e tanta pena, a lasciare che lui tornasse da Arianna, ogni sera. Ma per Sandro, cosa avrebbe significato salutarmi ogni sera, sapendo che sarei stata di un altro? Non volevo parlargli di Daniel, volevo tenerlo fuori, proteggerlo in qualche modo, ma sapevo anche ciò che avrebbe passato, per averlo vissuto sulla mia pelle in quei mesi. Continuavo a ripetermi che per me in qualche modo era stato più doloroso, perché io tornavo ogni sera in una casa vuota, mentre lui avrebbe avuto comunque sua moglie e la sua bambina accanto.

Mi scrisse: “Mia dolce e tenera fragola, quanto scrivi bene! Riesci a farmi stare li con te, mentre leggi le tue parole. Oggi 27 novembre: stamani al telefono ti ho percepito innamorata pazzamente di me e questo mi ha fatto diventare brillo, come se veleggiassi nell'aria... e quando ti percepisco così, ti desidero pazzamente, subito, come un bicchiere d'acqua bevuto da un disperso nel deserto.Dicembre si avvicina, io comincio a pensarci, sai la mia donna me lo ha consigliato! E ci penso ed immagino, valuto, cerco di sentire: me dentro... Ripenso, mi metto al posto di altri, ci ragiono, sento, insomma sì! Ti ci vedo molto bene con il Re, la sua dolce metà, il vostro nido, le tue carezze, le sue carezze, i tuoi abbracci ed i suoi abbracci, i tuoi pensieri ed i suoi pensieri: davvero perfetti come d’altronde non poteva che essere; tanta tua completezza non poteva che essere compensata da tanta altra completezza. Ed io sono felice, contento che tu sarai felice e contenta, come me. Cosa siamo noi? Come ci possiamo definire? E’ tanto difficile... Noi siamo eterni direi, quindi il nostro è un matrimonio eternamente mentale, definitivamente costruito nel tempo e nell'aria: pertanto non potrà mai cadere perché senza peso, quindi potremo definirlo... sì… noi siamo aria eterna... dimmi se ti piace... smack smack... amore... e ancora smack e poi smack... e sai perché ti amo? perché sono innamorato di te... quindi mi ami… quindi ti amo… quindi ci amiamo… quindi leggiadri nell'aria continuiamo a rimanere sospesi ed eterni... ti amo... mi ami... ci amiamo... Senti dolce pazza sconvolgente desiderabile sensuale e stupenda donna, oggi sono brilloooooooooo... vorrei tanto ma tanto abbracciarti e baciarti... e pensa forse il non poterlo fare... mi inebria... ti fa desiderare sempre più... ed è meraviglioso... smack smack smack Ma ora basta amore, ti invio l'e-mail: non vorrei che ti abituassi a lettere lunghe.... io di lungo potrei darti un bacio... ahhhhh… quello sì, sarebbe lungo... Ti amo e ti amerò per sempre.... Il tuo Sandro

Ma i giorni che vennero furono molto duri, per entrambi. Daniel arrivò con una settimana di ritardo, rispetto ai programmi. Di questo ero felice, ovviamente, perché mi avrebbe consentito di passare ancora alcuni giorni spensierata con il mio bellissimo amore, ma, una volta di più il fatto di non sentirmi triste per il suo mancato arrivo mi faceva sentire in colpa. Cosa c’era di giusto nei nostri comportamenti? Niente di niente. Era ora che cominciassi ad esserne cosciente e consapevole. Avevamo scelto entrambi di vivere questa “cosa” meravigliosa, non avevamo una pistola puntata alle tempie, quindi stava a noi viverla cercando di non creare disagio a nessuno, sentendoci privilegiati di essere stati i prescelti che potevano amare e amare e ancora amare.Quando arrivò Daniel per Sandro fu un vero strazio. Me lo confidò solo dopo alcuni mesi. Non solo io ero con Daniel, ma lui era in ferie e questo ci rendeva quasi impossibilitati a comunicare, se non lasciandoci reciproche segreterie sui cellulari.

Ricordo ancora una sera, mi lasciò detto che doveva uscire a fare delle spese e che dalle 18.00 alle 19.00 avrei avuto la possibilità di telefonargli se avessi voluto. A casa erano arrivati anche i miei genitori, nel frattempo, fingere diventava sempre più difficile, arrossivo per un nonnulla, mi sentivo sempre “in flagranza di reato”! Inventai che dovevo assolutamente uscire a comprare dell’erba cipollina, indispensabile per una pietanza che stavo preparando, ma che in effetti avevo già in frigorifero; la presi di nascosto e scappai fuori da casa… che felicità poterlo risentire, parlare con lui anche solo per pochi minuti, infreddolita dalla rigida serata invernale. Mi fermavo ad ogni angolo di strada, istupidita dalla felicità, sorridevo ad ogni passante, quasi che tanta beatitudine dovesse essere condivisa con qualcuno.

E' stato ed è tutt'ora....

E’ stato un idillio, un quadretto intriso di dolcezza e tenerezza. Ma ci sono stati anche dei momenti di tensione fra noi, dovuti principalmente all’insicurezza da parte mia. Cosa rappresentavo per Sandro? Non faceva che farmi di continuo complimenti, era talmente cerimonioso da mettermi alcune volte in imbarazzo, tanto che mi sentivo in dovere di ridimensionare la bella immagine che aveva di me. Continuava a ripetermi di amarmi pazzamente come mai era accaduto nella sua vita con una intensità sconosciuta… io entravo ancora, di tanto in tanto, nella chat. C’erano delle persone con cui continuavo ad intrattenere una piacevole corrispondenza e talvolta ci incontravamo anche con quelle modalità. Quale fu la mia sorpresa nel constatare all’improvviso, mentre ero appena entrata il mio sospirato e dolce Robecava… era li anche lui. La curiosità purtroppo mi spinse a leggere la stanza dove si recava… chiacchiere piccanti. Rimasi sbigottita a fissare il nome della stanza, non volevo credere ai miei occhi. Poi mi riscossi: già una volta Sandro aveva ceduto il suo nik ad un’altra persona, doveva aver fatto altrettanto, anche questa volta: che stupida a pensare che fosse lui, lui che mi aveva scritto che la chat non gli interessava più senza di me. Seguirono mesi che mi rendo conto di non avere il minimo desiderio di ricordare, perché furono fonte di malintesi, mascalzonate da parte mia che forse costrinsero Sandro a raccontarmi piccole bugie. Era come se ogni sera, lasciandoci per tornare nei nostri regni io perdessi totalmente la fiducia nel nostro rapporto, fintanto che ero con lui gli credevo, lo amavo, lo stimavo, facevo totalmente affidamento sulla sua persona. Ma appena lo lasciavo le tenebre scivolavano nella mia mente.
Eppure mai, neppure una sola volta, pensai di poter troncare quel meraviglioso rapporto. Non potevo e non posso fare a meno nella mia vita, della sua persona accanto a me.

Abbiamo scoperto entrambi...

Abbiamo scoperto entrambi che l’amore non è qualcosa che si può arbitrariamente richiudere in un unico scrigno, riservare solo a qualcuno per escludere tutto ciò che da quel contesto è estraneo. Non sono per nulla convinta che per innamorarsi si debba essere soli, che il proprio cuore debba essere libero per poter verosimilmente apprezzare una bellezza che altrimenti non susciterebbe neppure la tua attenzione. Io non avevo alcuna intenzione di tradire Daniel, né Sandro di tradire Arianna. Ma quello che è nato tra me e lui era troppo bello per poter essere smarrito, tralasciato a scapito di ciò che entrambi già avevamo. Facevamo a gara per difendere la vita dell’altro dalle nostre intromissioni, cercavamo degli spazi per noi che non impedissero alle nostre vite di proseguire su dei binari già tracciati in precedenza ed eravamo sempre impazienti di conoscere ed apprezzare per la felicità dell’altro tutto ciò che ci rendeva appagati e gioiosi escludendoci a favore delle nostre rispettive famiglie. Ma eravamo anche di supporto, di aiuto e di conforto, ad ogni piccolo litigio, ogni increspatura, pronti ad essere per l’altro una spalla su cui piangere per un momento e anche un trampolino che desse la spinta necessaria a riprendere un cammino che nessuno dei due voleva si interrompesse, mai.

Nonostante l'avversione di Sandro per le favole...

Nonostante l’avversione di Sandro per le favole, uno dei primi doni che gli feci fu, appunto una favola, la favola di un gabbiano. Una favola moderna, in realtà. A me è sempre piaciuto molto leggere e volevo trasfondere in lui questo mio bisogno di conoscenza, sempre e comunque. Il dono fu talmente gradito che ne seguirono altri ed altri ancora, fino a che iniziai a comporre io stessa delle favole, proponendogliele di volta in volta per e-mail. Chissà se il mio caro amore si ricorda ancora de… “I Signori del Destino”! Era una lettera, in realtà e siccome non ne ho serbate molte delle mie, dato che la casella di posta elettronica di Sandro non permetteva questa opzione, per la legge delle pari opportunità, chi legge dovrà pazientare e sopportare anche la mia corrispondenza!

Interno una scala a chiocciola sale vorticosamente... i gradini sembrano non terminare mai e portano in alto, più su del cielo. Continuo a salire, ma non faccio il minimo sforzo. Passano i secondi i minuti le ore… Salgo, continuo a salire senza soluzione di continuità e mentre salgo penso e ripenso.. tu, io, noi.. quello che siamo ora e quello che siamo stati, ciò che forse non saremo mai e ciò che avremmo potuto essere…

Il giorno e la notte si confondono in una luce inesausta, continuo a salire e pensare… sogno, mi incavolo, singhiozzo, mi dispero, sorrido, piango, ironizzo, gemo, fantastico, mi irrito, mi secco.. amo.

E continuo a salire.

Una porta, finalmente. Una piccola porta con una maniglia un po’ curiosa: la abbasso e la porta si apre in una piccola stanza poco illuminata. Al centro tre Esseri sono impegnati nello studio di quella che a me sembra una semplice carta geografica.

Li sento parlare, sottovoce, commentare; ogni tanto indicano una direttrice e solo allora mi rendo conto di come quel disegno si muova, animato di propria volontà: tutto cambia in relazione alle loro direttive, agli indirizzi forniti dai tre Esseri, come se fossero al timone di un’imbarcazione che cambia istantaneamente direzione.

Non mi hanno ancor vista. Sono nervosa, salendo quassù e vedendo ciò che fanno mi sono resa conto che potrebbe essere “colpa” loro e allora mi avvento: “Come vi siete permessi? Perché l’avete fatto? Chi vi ha dato la facoltà e soprattutto il diritto di farlo?”

Si voltano simultaneamente al mio grido.. mi guardano esterrefatti..

“Come ha fatto..” “Come è arrivata..” “Chi è..” “Perché è qui…”

Un coro indistinto di domande senza risposta, mi guardano sbalorditi e un po’ spaventati; ora capisco: sono la prima ad essere arrivata fin quassù!

“Ma come, avete già dimenticato? Barbara… quella dell’Aria Eterna… vi ricordate vero? Voi tre “Quelli del Destino” mi avevate promesso.. Aria Eterna appunto!”

“Oh ma certo!”

Silenzio non più sbigottito, ora, ma decisamente costernato.

La cosa mi innervosisce ancora di più: sono stati Loro, lo so, lo sento!

E allora mi avvento, verbalmente: “LO RIVOGLIO INDIETRO!”.

“Cosa?” “Chi?” “Come?” “Dove?” “Quando?”

Tante domande tutte insieme mi fanno perlomeno sorridere!

“Rivoglio il MIO Sandro” dico, agguerrita e pronta alla lotta.

Un “Ah….” In coro hanno capito, finalmente, si guardano, come ad essere coscienti di mantenere un grande segreto cui nessuno può essere fatto partecipe.

“Si spieghi meglio… signorina”

“Bè c’è ben poco da spiegare: salendo quassù, ho pensato e ripensato, come si può pensare ogni sera prima di addormentarsi, con la voglia di sentire un ti amo. Un ti amo molto particolare. Lo si sogna, ovviamente, non si può averlo, se non si è avuta l’accortezza di registrarselo in una segreteria. Lo sapete anche voi, in questo periodo per me sentirmi dire mille volte ti amo, forse, non sarebbe ancora abbastanza, vivo di un ti amo, ma non era questo che volevo dire…

Ho pensato e ripensato, vi dicevo, a ciò che sta accadendo nell’Aria Eterna in questo ultimo periodo. C’è stato un vero e proprio stravolgimento, un sovvertimento, moti, ribellione, cambiamento dell’orbita: E LA COLPA E’ SOLO VOSTRA… e rivoglio il MIO Sandro. Ecco, tutto qui”

“Mi dispiace, forse non comprendiamo: la prego, si spieghi meglio”.

“Bè, sapete il detto.. “Chi ben semina ben raccoglie”, io ho seminato, seminato, seminato, o almeno credevo di averlo fatto, non è che fossi in attesa di poter raccogliere, anzi, non ero cosciente di seminare “PER” avere un raccolto.

Ma è accaduto che all’improvviso sia arrivato una specie di ciclone e io mi ritrovo come se non avessi più nulla.

Salivo quelle scale e mi incavolavo con me stessa, perché consideravo che erano pensieri molto incoerenti e talvolta mi mandavo a quel paese da sola per stime così poco razionali e sensate, ma poi mi trovavo di nuovo con un singhiozzo in gola, con afflizione dell’anima, desiderio di gridare dolore e poi di nuovo mi davo della deficiente, mi dicevo che sono decisamente un’idiota, totale.

Insomma non sapevo a chi dover dare retta, se alla Barbara razionale che sempre e comunque è molto forte e positiva o se alla Barbara emotiva, che in questo momento si sente molto sotto il livello decente di perturbabilità consentito in una vita normale.

Che ve lo spiego a fare? Siete stati voi a provocare tutto questo… torno a ripetervelo: RIVOGLIO IL MIO SANDRO.”

“Ma non siamo stati noi a portarlo via, signorina mia”

“Certo che si invece!! Ci mancherebbe altro… va bene, provo a considerare con voi, anzi a ricordare. Non è che si debba andare tanto indietro nel tempo. Vi basta risalire a pochi mesi fa. C’è stato UN Sandro, il MIO Sandro, che una volta è arrivato a dire ‘Sei la mia vita’. Non c’è più ora. Non è più con me, è distante, altrove, allontanato. Io ho considerato quella frase vera solo nel momento in cui è stata detta. Vera anche solo per un secondo, non di più. Non pretendo e non ho mai preteso che fosse vera per la durata di un attimo in più del consentito. Ho ‘seminato’ amore con un secondo fine è vero: davo amore ANCHE perché ne potessi ricevere. E ne ho ricevuto tanto, così tanto quanto non sapevo potesse esistere, come non credevo possibile… poi piano piano un amore così immenso è comunque entrato a far parte della mia quotidianità.. fra alti e bassi, fra pianti e risate, fra sorrisi e avvilimenti, quell’amore è stato parte di me, del mio essere, della mia vita… Ho dimenticato tutte gli avvertimenti e le raccomandazioni che avevo fatto all’inizio, a me stessa… del tipo: avrà vita breve – non ha futuro – prenditi tutto questo amore e mettilo da parte per quanto non ci sarà più – finita la missione, addio Aria Eterna e via di questo passo… ho cominciato a credere a Sandro, quando mi diceva che era “mio”… per la durata della telefonata. Voglio che questo sia ben chiaro. Da subito. Tutto ciò in cui ho CREDUTO fortemente aveva la durata del tempo che comunque avevamo la fortuna di poter condividere. Il “dopo” non mi è mai appartenuto.

Sandro sembrava addirittura dispiaciuto quando gli ho detto che non lo sentivo “mio”, che non riuscivo a superare lo scoglio invalicabile che per me significava che mi potesse appartenere. Io, io sì che mi sentivo SUA.

Ma ci ho messo mesi per sentirlo “mio”. E mi sono fatta convincere a forza di lacrime quando mi diceva che nulla mai sarebbe potuto cambiare fra noi.

Nulla. Mai.

Parole grandi, molto più grandi di me e di lui. Ma eravamo Aria Eterna, potevo permettermi di dubitarne?

Ma quest’anno… ahi ahi ahi.. quest’anno signori miei… quest’anno mi sono trovata a dover “combattere” qualcosa che da me era lontanissimo anche solo nell’idea. Niente a che fare con Sandro, intendiamoci. Assolutamente.

Ho detto bugie per nascondere malattie & C. Ed è stata dura. Ma c’era Sandro, capite? Avevo Sandro. Anche se lui non aveva la benché minima idea di ciò che stavo passando, IO avevo Sandro. Del resto non poteva interessarmi nulla o quasi. Ripensandoci, ho superato scogli davvero molto alti. E non mi sono mai mai mai disperata. Mai. Avevo Sandro.

E credevo di poter mettere un punto e “andare a capo”. Ma così non è stato. Così non è.

Non importa, tutto si supera, tutto passa: ho Sandro, no?

E ora mi ritrovo ansiosa e ansiogena, timorosa, angosciata e irrequieta. Colpa? Non ce n’è.

Ma io sto così.

Ho Sandro, ho Sandro, ho Sandro. Una dolce nenia cui aggrapparsi ogni volta che avevo paura. Rassicurante, tranquillizzante, confortante.

Un rifugio caldo, accogliente. Dava serenità e soprattutto mi faceva dimenticare quello che stavo vivendo… un ‘ciao mozzarella fresca’ o ‘bella fica mia’ o tutti gli epiteti più mirabolanti che ha inventato per me in questi mesi volati via troppo in fretta.

Sono scivolati via, quei complimenti. Come se non fossero mai stati pronunciati. Che poi non erano elogi. Non erano convenevoli, come non è cerimonioso da parte mia digli quanto sia bello. E’ COSI’ e basta.

‘dammi tempo, abbi pazienza.. non so come dividermi… si possono amare due persone contemporaneamente?’
Non è il MIO Sandro. Non lo riconosco. Non è lui che fa queste domande. Lui è sempre stato SICURO. Sicuro di amare Arianna, come so che è. Ma di amare ANCHE me. Che razza di domande sono queste da porsi?

Tempo tempo tempo.

Passa una prima settimana, poi il dolce mio amore (comincio ad avere paura di pronunciare la parola mio) parte per una bellissima vacanza sulla neve

Parte e in quella settimana cerco di diventare invisibile. Un messaggio al giorno solo per fargli sapere che sono lì, che lo sto aspettando, che non lo dimentico (ma lui questo lo sa, ormai. Sono io che non lo so più… mi dimenticherà?.

Torna e penso di tornare alla vita. Di tornare ad avere il MIO Sandro.

Ma lui non è tornato. Non è più tornato. Me lo avete portato via, voi, invidiosi di qualcosa che nessuno può vivere.

Ve lo ricordate vero, la prima volta che gli ho detto “ho bisogno di te”, lo ricordate il sorriso compiaciuto e sbigottito, il sentirti così importante da essere NECESSARIO per me. Ora ogni volta che gli dico quanto mi manchi la sua presenza Sandro mi parla di Daniel, di come dovrei trovare “rifugio” in lui.

Quando gli dico quanto lui abbia cambiato la sottoscritta, ne è felice perché “vada come vada”… VADA COME VADA????? Mi sembra si scriva appena sopra la parola “Fine”.

Gli chiedo se mi sente invadente, lui ribadisce che “non hai battuto ciglio, quando non ti ho chiamata che due volte in una giornata”. Salvo piangere ogni volta che poggio la testa sul cuscino, piangere perché mi sento abbattuta, piangere perché mi manca, piangere per disperazione, piangere perché non è più con me, piangere e dire ogni volta che domani sarà diverso. Sono diventata di lacrima facile, sapete? VOI LO SAPETE, credo di avere in quasi due anni messo in pari per tutte le lacrime non versate in una vita, ma fino ad un mese fa c’era un alternarsi di notti in bianco e notti sorridenti: ora ogni sera ogni volta che ho occasione di pensare a noi, si aprono i rubinetti. E’ indecente, lo so. Ma non è colpa mia.

IO ERO ABITUATA A STARE CON LUI AL TELEFONO PER ORE ED ORE . Tutti i giorni.
E ogni giorno battevamo il record, il RECORD DI TUTTO.

Delle volte che facevamo l’amore, delle volte che ci scambiavamo complimenti reciproci per la gioia di dare e di ricevere, delle volte che riuscivamo a far tornare il sorriso l’uno dell’altra su un volto forse un po’ spento.

Sono triste.

C’è qualcosa che sta sfuggendomi tra le mani. Qualcosa a cui tengo, io sì, più della mia vita.

Ed ho paura, tanta paura.

E in più… non posso fare nulla, assolutamente nulla.

IO non posso fare nulla, ma voi potete.
Potete ridarmi il MIO Sandro. Quello che non avrebbe mai avuto un tono stizzito con me perché con fare un po’ canzonatorio gli chiedevo il perché di una segreteria che non c’era.

Quello che avrebbe riconosciuto nella mia voce un singhiozzo mal celato, mi avrebbe richiamato mille volte con la scusa di fare una fotocopia o mille altre stupidaggini.
Non c’è più… è andato via un pezzetto alla volta.

All’inizio non mi sono allarmata. C’è stato un cambio di ufficio, nuovo tragitto, minor
tempo passato insieme… ma poi COMUNQUE… c’era una mezz’ora che riuscivamo a ricomporre insieme…

Ma poi, gradualmente, si sono sommate tante cose e oggi, per la prima volta signori miei, non ho sentito nessun amore quando mi ha chiamato “amore” e “tesoro”. Sono un tono un po’ indulgente e caritatevole.

Non è più il MIO Sandro.

O molto più probabilmente non lo è mai stato.

E io sono qui a chiedervi qualcosa che non potrò mai avere, vero?”

MI guardano, tutti e tre. Si sono appassionati al mio racconto, hanno ricordato di quella volta che li avevo incontrati, mi avevano promesso che se fossimo riusciti a non danneggiare nessuno, avremmo avuto solo per noi l’Aria Eterna.

“Noi non abbiamo fatto nulla, signorina. Davvero. Siamo stati ad osservare, non siamo noi a muovere le redini degli altrui destini. E’ vero: inizialmente abbiamo commesso un errore, ma uno di noi si era addormentato e questo ha fatto sì che vi incontraste; trovarvi di nuovo e soprattutto ritrovare tutto ciò che avevate avuto in comune. Che addirittura ricordaste… perché era ricordo il vivere nuovamente e ritrovare un’armonia e una simbiosi che altrimenti non si potrebbero verificare in un lasso di tempo così breve… eravamo certi che non vi sareste mai e poi mai frequentati, visto il luogo in cui vi eravate conosciuti. E abbiamo messo via via mille e più ostacoli sul vostro cammino. Ma più contrarietà incontravate, più vi sentivate uniti, compenetrati nella realtà dell’altro. Sembrava che non fosse mai possibile per voi raggiungere un limite, arrivare a saturazione. Ogni volta l’uno o l’altra aggiungeva acqua per dissetarvi vicendevolmente. Alla fine ci siamo arresi. Si amano così tanto che è inverosimile che qualcosa li possa far allontanare. E da quel momento vi abbiamo persi di vista, mesi e mesi or sono. E ora lei vieni qui ad accusarci ingiustamente. Non era forse amore quello che lei ha giustamente seminato? E non ha forse ricevuto amore? Non è ricevere amore sapere che la persona che si ama è amata? Non è amore sapere che la persona che si ama… ama a sua volta?”

“Ma io lo vorrei per me quell’amore… Anche per me. Un pochino, poco poco…”

“Lei in questo momento non è abbastanza lucida… vede nero… non è imparziale né oggettiva. C’è una realtà incontestabile che è quella di due famiglie in cui si vive ogni giorno d’amore. Se lei non riesce a trovare oggi questo amore nella sua famiglia, è perché è tanto distratta da ciò che in questo momento vorrebbe ‘estorcere’ a uno da non saper gioire dell’altro. Tanto da irritarsi quando il ‘suo’ Sandro pensa che dovrebbe trovare conforto in suo marito”.

“NON L’AVEVA MAI DETTO PRIMA… figurarsi.. ma capite signori miei… cercate di capire.. quando mai Sandro ha pensato a ‘buttarmi’ letteralmente fra le braccia di Daniel? Sandro è quella stessa persona che giorni or sono leggendo lettere scritte appena pochi mesi fa si è stupito… ‘questo scrivevo?’ mi ha domandato… non si riconosceva, non sono più parte di lui, capite? Quel tronco d’albero che gli è piovuto in testa dopo appena venti giorni che mi aveva conosciuto perché per due settimane non avrebbe potuto leggere di me… non c’è più. E la disperazione quando stavo per partire questo settembre? ANCHE questo E’ l’Aria Eterna. ANCHE un po’ di dolore. ANCHE. Non solo questo, altrimenti a quest’ora saremmo tutti e due finiti al manicomio. Ed è stato Sandro, sempre lui, a dirmi e ripetermi fino allo sfinimento che se non ci fosse stato quella sofferenza, quel tormento, allora non ci sarebbe stato quell’amore così grande.”

“Su su… coraggio… non faccia così…”

Mi sono intorno, tutti e tre, compassionevoli. Indulgenti, in fondo sono l’unica ad essere giunta fin quassù.

“Cosa non farei per riavere il mio Sandro. Ma sono giù, ora. Tanto tanto giù. Per altri problemi forse, ma anche perché ho perso l’appiglio cui potevo aggrapparmi ogni volta che una quisquilia rischiava di rovinarmi la giornata. “Ho Sandro” pensavo. E tornava il sole, ogni volta. Ora il sole c’è, ma sono io a non vederlo.

Che significato ha l’avere pazienza? Per me non esiste il tempo, potrei avere “pazienza” all’infinito. Anche se diventassimo solo amici. Tutto potrei. Ma questo non vuol dire che potrei accettarlo senza soffrire. E siccome Sandro continua a ripeterlo quel “ti amo”, anche se talvolta è un po’ sbiadito, credo debba comunque sapere ciò che sto vivendo. Voi non lo credete? Devo dirglielo, devo. Fargli sapere quanto mi manca, quanto ho bisogno di lui. Quanto per me non sia cambiato nulla ma proprio nulla. Quanto sia vero oggi come ieri che lui E’ la mia vita. Ogni volta che apro gli occhi E’ il mio pensiero. Ogni sera quando mi addormento, per quanto cerchi di scacciare tanta angustia e tanta tristezza, è a lui che penso. Devo dirgli quanto mi sembri inverosimile che lui nei miei confronti possa addirittura sentirsi a disagio. Mentre io mi inginocchierei davanti a lui e mi metterei a baciarli i piedi per quanta reverenza sento nei suoi confronti. Devo dirgli quanto tutto questo mi sta facendo spegnere il sorriso e diventare ogni momento più triste. ”

“Questo sta solamente a lei” mi risponde uno dei tre “Lei è in grado di giudicare, quanto e se far sapere”

“Ma non capite? IO NON SO più! Non so più cosa sia giusto o cosa sbagliato.

Ogni volta che chiedo qualcosa mi sembra di tradire i dettami dell’Aria Eterna. Non c’è mai stato bisogno di chiedere qualcosa. Era sempre pronto a prevenire ogni mio desiderio. Anche quelli che non sapevo di desiderare. Li ha sempre anticipati, impedendomi di chiedere.

Ora chiedere, sembra quasi un ricatto. Lo vivo io come un ricatto amoroso; quando ho cercato di fargli capire il mio disagio la sua risposta è sempre stata “volevi che le cose tra me e Arianna non tornassero ad essere meravigliose?”.

Ma io non voglio questo, assolutamente. Io rivorrei solo il mio Sandro. Solo quello vorrei. E’ stato lui a giurare e spergiurare che quello che era nato tra noi non aveva relazione alcuna col suo rapporto con Arianna, che quando le cose fossero migliorate tra loro, per noi avrebbe voluto dire solo un perfezionamento.

E per me condividere con lui ciò che era a mia conoscenza non voleva dire assolutamente farlo sentire in subordine, ma arricchirlo. Dargli qualcosa in più. E non perché fossi io a goderne, no.

Credete che abbia una qualche idea di ciò che abbia significato per me inviargli quel libro? Credete forse che abbia avuto un solo pensiero per le implicazioni che ci sono dietro a quel libro? No, nessuna. Chiudere il sipario, riuscire a chiudere il sipario vuol dire non dilaniarsi. Non significa non soffrire.

Io non ho alcuna certezza o sicurezza nei suoi confronti. Sono sempre un’anima in pena che cerca garanzie sapendo di non poterne avere. Me ne ha sempre date, ancora prima che io le chiedessi.. ora non lo fa più.

E non ho nessuna forza, né per farmi coraggio né per agire. Non ho la forza neppure per aspettare. Perché non una telefonata? Perché neppure una piccola lettera? Un SMS con su scritto ti amo. Mi ama veramente? Lo sa veramente, ne è convinto? Sono diventata una certezza per lui. Sa che mi avrà comunque sempre. Ma io ho solo tanta tanta tristezza dentro di me. Non è quella tristezza che può sparire, non c’è compensazione. Nessun equilibrio.

Ho solo tanto bisogno di lui, tanto bisogno del suo amore, tanto tanto tanto bisogno di sentirmi amata da lui.

Oggi non gli dirò di questa lettera. Oggi è felice per la vittoria della Roma e questa rovinerebbe tutto, non credete anche voi? Rimarrà lì.. nella casella di posta elettronica.. sarete voi a decidere quando e se fargliela leggere. Lascio fare a voi, signori miei”.

Vado via, più sconsolata e avvilita di quando sono venuta su. Chiudo la porta e comincio a scendere le scale. Mi ritrovo immediatamente ai piani bassi: incredibile, salendo ho avuto tanto e tanto tempo per pensare, per ricordare; ero salita battagliera, pronta a combattere e dare tutto ciò che potevo. Ero cerca CERTISSIMA di poter riavere ciò che avevo avuto. Ora sono giunta al termine, sono scesa di nuovo fra i comuni mortali..

Salendo quelle scale credevo di poter riavere qualcosa che ho conosciuto, che mi ha reso più felice di quanto credevo si potesse essere, qualcosa di tanto grande da sembrare inverosimile ed incredibile. E scendendo comincio a credere di aver sognato. Un sogno lungo diciannove mesi. Diciannove mesi di un amore meraviglioso. Un lungo, lunghissimo messaggio d’amore.

Fa che non ci sia la parola fine a questo messaggio Sandrp.

Fa che tutto torni ad essere come è stato.

Fa che non sia stato solo un lungo lunghissimo sogno, ti prego.

Tua Barbara

Cos'era accaduto?

Cos’era accaduto?

Quando ho conosciuto Sandro, era in un momento, con la moglie, in cui definiva se stessi come “cane e gatto”, non si trovavano, sembravano non avere punti in comune. Aveva ritrovato sua moglie, dopo mesi passati a litigare, a guardarsi in cagnesco, dopo mesi di Aria Eterna in cui.. come disse in seguito Sandro “Barbara non faceva che cercare di riportarmi a riconsiderare il nostro rapporto, quello con mia moglie, l’avevo finalmente ritrovata. Fu l’inizio di una seconda vita, giorni meravigliosi. Ma per Barbara, che aveva recepito il mio allontanamento come lo spezzarsi dell’anello di una amorevole catena, fu una prova dolorosa. Non mi ero reso conto del fatto che per più di un mese fosse quasi “in attesa” di un mio cenno. Era certa che il mio ritrovare Arianna fosse anche la fine del nostro rapporto e visse tutto quel periodo nell’attesa che una bella mattina le dicessi che non mi sentivo di continuare a vivere questa clandestinità. Ricordo, stavamo per partire per le nostre vacanze sulla neve e non ne ero mai stato tanto entusiasta quanto quella volta. Insieme ad Arianna avevo ritrovato anche la felicità della famiglia, del gustare insieme mille piccole gioie. Condivisione. Felicità. Ed ero anche molto dibattuto nei confronti di Barbara. Si possono amare due persone così intensamente? E’ giusto verso l’una e verso l’altra? Come si fa a dividere equanimamente un sentimento tanto forte? Poi Barbara mi confidò della sua malattia, ci fu l’operazione, la convalescenza, la lunga cura… e piano piano anche il nostro amore uscì come da una cura, da una lunga convalescenza, ancora più rinfrancato. Non sono mai riuscito a capire come, ma eravamo ancora più uniti. Il fatto che io avessi ritrovato la mia Arianna non ha mai infastidito Barbara, era solo terribilmente spaventata, temeva di perdermi. E anche io ero spaventato, non sapevo cosa fare. Ma il tempo, come si dice, ha guarito piano piano tutte le nostre ferite. Altre ne sono seguite e, incredibilmente, anche quelle sono state curate con tanta pazienza e tanto amore.

Il caso

Il caso. Il caso aveva permesso il nostro primo incontro, in chat. Il caso aveva concesso la ricongiunzione delle due metà della mela troppo a lungo separate. Il caso aveva consentito che un amore ritrovato non dovesse essere cancellato per timore di fare del male a chi amavamo. Perché non doveva essere il caso a regnare sovrano sul nostro primo incontro dal vivo? Quanto ho dovuto scontrarmi con Sandro su questo suo modo di voler lasciare fare tutto al caso! In realtà io mi preoccupavo, e molto, soprattutto per lui. Eravamo a Roma, lì c’era tutta la sua famiglia non volevo lasciare che per una stupidaggine qualcuno vedendoci avesse potuto mandare all’aria il nostro amore. Bè, in realtà ero molto preoccupata per noi, egoisticamente parlando. Se qualcuno avesse sospettato qualcosa, questo avrebbe significato la fine dell’aria eterna. Non volevo perderlo. Non potevo rinunciare a lui. E così, a costo di essere presa per una tirannica rompiscatole insistevo ogni giorno, estorcevo promesse, in fondo non chiedevo la luna, solo decidere, in un lasso di tempo ragionevole, dove ci saremmo incontrati.

Eppure è stato arduo, Sandro prendeva appunti per ricordarsi di farlo l’indomani, ma glissava. Sembrava fosse su una pista da sci, le mie insistenze altro non erano che degli ostacoli sul suo cammino da evitare accuratamente, quasi potessero altrimenti diventare di un’estrema pericolosità.

Avevo provato a mettere il broncio, ma non serviva, non ne ero capace.

Facevo dei timidi accenni al fatto praticamente ogni volta che ci sentivamo, ma sembrava fare davvero orecchi da mercante.

Ero arrivata ad implorarlo, volevo solo sapere dove ci saremmo incontrati, poi avrei tralasciato l’argomento.

Ma non ci fu nulla da fare. Era una cosa che mi preoccupava, mi intimoriva e quando giunse ormai incipiente il giorno della partenza, Sandro percepì questa mia preoccupazione, addossandone però la colpa al fatto che potessi non essere conforme all’idea che si era fatta della mia persona.

Quindi continuava a rassicurarmi, a dirmi che mi avrebbe trovato come la più bella della donne, perché tale ero per lui. Gli dissi che dopo due anni da quando c’eravamo incontrati, questa era la prima volta che un suo comportamento mi deludeva.

Drizzò le orecchie, non capiva a cosa stessi facendo riferimento.

Gli spiegai quanto per me sarebbe stato importante, e perché, sapere da subito dove ci saremmo incontrati, mentre lui non aveva dato il minimo peso alle mie richieste. Lo avevo pregato, sapeva quanto per me fosse addirittura fondamentale, ma non c’era stato niente da fare. Tutto questo potevo leggerlo solo come un segno di completo disinteresse e noncuranza verso quelli che erano i miei sentimenti, le mie esigenze, le mie necessità. Ovviamente non era vero, Sandro non ha mai fatto qualcosa, da quando lo conosco, senza prima pensare soprattutto a me. Ma sapevo benissimo che questo era un suo punto debole, che si sarebbe sentito un po’ ferito da questo mio pensiero e che per dimostrarmi quanto sbagliassi, avrebbe finalmente proferito il nome di quella benedetta località! Urrà! Piazza di Spagna! Perfetto per entrambi.
E così è stato, o meglio, così avrebbe dovuto essere.

Fu il caso, ovviamente, a decidere per noi.

Quanto di pianificato avrei voluto fra noi, mai ci è stato consentito. Ogniqualvolta abbiamo organizzato precedentemente qualcosa fra noi, mai si è realizzato quanto progettato. Anche questa volta non ci furono eccezioni.

Ricordo benissimo quella mattinata di inizio dicembre. Ero arrivata alla stazione insieme a Daniel, poi insieme ai miei genitori l’avevamo accompagnato all’aeroporto per raggiungere Oslo.

Una volta a casa avevo fatto una rapida doccia, per scrollarmi di dosso la nottata in vagone letto, avevo passato un buon quarto d’ora davanti allo specchio, cercando di apparire un pochino più bellina di quanto fossi. Avevo scelto accuratamente l’abbigliamento: una gonna lunga, di lana marrone, una camicetta di seta sbottonata sino al punto giusto, calze autoreggenti, un paio di scarpe con tacco non troppo alto e un giubbino a vita alta.

Ricordo l’emozione, nel prendere l’autobus e poi la metropolitana e una volta arrivata a Piazza di Spagna, cominciai a percorrerla in lungo e in largo, un po’ impostata… Sandro avrebbe avuto l’opportunità di vedermi per prima e se avessi deluso le sue aspettative avrebbe potuto inventare una scusa e non incontrarci. In realtà non credevo affatto ad una simile opportunità, il suo amore era tangibile, reale, irrinunciabile. Però… non si sa mai! Quando mi telefonò, dicendomi che non poteva raggiungermi perché avevano bisogno della sua presenza in ufficio, mi sentii sprofondare. Sedetti ai bordi di una fontana, in precario equilibrio e senza neanche rendermene conto iniziai a piangere. Non c’erano singhiozzi né singulti, mentre Sandro continuava a scusarsi, solo lacrime che scendevano senza posa.

Non riuscivo a rendermi conto, non volevo capacitarmi: possibile che tutto quanto credevo del nostro amore potesse essersi sciolto come neve al sole? Non mi sentivo per niente bruttina, comunque non tanto da giustificare addirittura un non volermi vedere. Continuavo a ripetermi tra me e me “non è vero, è il più terribile dei tuoi incubi” sino a che una passante, mi si avvicinò, chiedendomi se mi sentivo bene. Non era un incubo, Dio mio era vero: Sandro non voleva vedermi! Mi riscossi e all’improvviso mi sentii totalmente perduta: cosa avrei dovuto fare ora? Continuare a sentirci per telefono per tutta la vita? Accontentarmi delle sue lettere, dei suoi momenti liberi dagli impegni di lavoro? E tutti i miei sogni, che per me erano soltanto un guardare avanti nel nostro futuro? Se mi avesse tolto quella sicurezza, forse non sarei stata più capace di sognare…

Tornai a casa, decisamente sconvolta. Sandro sembrava non accorgersene, addirittura pensava già al nostro prossimo incontro. Perché mi faceva questo? Perché umiliarmi così? Voleva vedermi di nuovo, per poi nuovamente decidere che non ero alla sua altezza, non abbastanza bella da sostenere i suoi sguardi, il suo amore? Così inventavo scuse, ogni volta diverse.

Poi… il caso. Ero a casa da sola, un pomeriggio. Avevo tra le mani le ultime fotografie che Sandro mi aveva inviato, lo raffiguravano a torso nudo sulla spiaggia. Ero ancora incredula rispetto al suo comportamento… e poi come poteva essere… al posto suo, anche se non avessi riconosciuto in lui il principe azzurro che avevo sognato essere da quanto l’avevo conosciuto, mai avrei disprezzato l’opportunità di farmi accarezzare dalle sue mani, di prendergli il viso tra le mie, di perdermi nei suoi occhi… mentre riflettevo su queste possibilità, squillò il cellulare: riconobbi il numero, era Sandro e fui tentata di non rispondergli. Mi sentivo uno straccio e questo era dovuto al suo comportamento. Ma poi risposi, non avrei mai rinunciato a lui, neppure sapendo di non piacergli. Non esiste dignità nell’amore. Mi disse che si trovava sotto il portone di casa mia, o scendevo io o saliva lui. Ovviamente non sapeva che ero sola a casa, altrimenti la domanda non l’avrebbe posta! Fui presa dal panico, fino a non capire più nulla. Come poteva essere che mi aveva rifiutata pochi giorni prima e ora addirittura veniva sotto casa mia pur di potermi vedere? Ero come istupidita, frastornata da qualcosa di più grande di me. Passai davanti allo specchio per un velo di trucco, poi pensai che tanto non gli piacevo comunque, a che serviva? Indossai freneticamente il cappotto, presi le chiavi di casa e scesi. Lo intravidi, attraverso il portone di vetro, non vista. Dio com’era bello, come lo avevo sempre immaginato, anzi di più. Gli stessi tratti del volto, la stessa signorilità nel modo di rapportarsi col mondo… era il mio Sandro. Sospirai… io però non ero la “sua” Barbara, non quella che lui aveva sempre sognato.

Gli telefonai, non vista, dicendogli che stavo scendendo, volevo il conforto della sua voce, tanto amata, nel momento in cui ci saremmo incontrati.

Mi incamminai, aprii il portone e sentii la sua voce all’auricolare, stupita, beatamente meravigliata: “Ma… sei bella!!!”.

E io che bella non sono, ritornai alla mia troppa insistenza nel volermi a tutti in costi imbruttire, ai suoi occhi, perché non fosse deluso della mia presenza.

Poi, ad occhi bassi e senza neppure un ciao di benvenuto mi allontanai dal portone, avviandomi verso una strada limitrofa. Non ricordo cosa dissi, ero troppo turbata, ricordo mi tremavano le mani e per questo le tenevo ben nascoste nelle tasche del cappotto.

Fu questione di pochi momenti, il tempo di capire che l’appuntamento era stato spostato perché Sandro era stato realmente trattenuto in ufficio. Non era mai venuto a Piazza di Spagna, non mi aveva mai visto. Credo di non aver mai provato in vita mia una felicità più grande! Cominciai a piroettargli davanti, devo essergli sembrata una vera stupidina! Poi gli chiesi un bacio, per dimenticare la tristezza di quei giorni. Sandro fu piuttosto tiepido, o meglio, forse era ancora più emozionato di me! Già… molto molto emozionato, incredulo. Continuava a guardarmi, come se non fossi veramente li. Non distoglieva mai lo sguardo, come temendo che bastasse chiudere gli occhi perché la mia persona potesse scomparire. Continuava a ripetere il mio nome, guardarmi, sorridere e scuotere il capo. E il primo bacio… due labbra morbide che si accostarono alle mie, lasciando impresso un calore misto ad una forza tale da suggerirmi che potevo solo schiudere le mie, per lasciar penetrare una lingua dolce, amorevole, selvaggia e tenera insieme che cercava la mia in un abbraccio quanto mai intimo. Mi sentii sollevata da terra, anche se so benissimo che i miei piedi non persero mai il contatto con il suolo e poi… e poi passammo un’ora a guardarci, increduli, ad osservare come incantati le labbra che si muovevano mentre ascoltava le nostre voci, tanto diverse rispetto a quelle cui eravamo abituati al telefono! Continuavo a guardarlo, non volevo credere che una fortuna tale era toccata proprio a me! Dio com’era bello il mio amore.. bello bello bello! E che meraviglia stringere una sua mano, accostare il mio viso al suo, aspirare il suo profumo… salutarci fu difficile tanto quanto lo era stato salutarci per la prima volta… intervenne il fato, ancora una volta in nostro aiuto, una telefonata di Daniel e per salutare il mio ritrovato amore non potei che sussurrare alla cornetta del cellulare un “ciao Piccolo”, con gli occhi ancora lucidi per l’emozione, con la certezza nel cuore che avevo ancora tanta felicità da donare e da ricevere, dall’Aria Eterna.

Ci sono cose nella vita che diamo per scontate...

Ci sono cose nella vita che diamo per scontate.

Delle quali siamo abituati. E non riflettiamo mai abbastanza sulla loro preziosità. Ci sono cose della vita che presumiamo non mutino ma, perché così ci fa comodo pensare. Ci abituiamo all’idea di vivere per sempre con il nostro compagno/a; e metteremmo una mano sul fuoco che non ci tradirebbe mai; che siamo tutto per lui/lei. Ci abituiamo all’idea che l’amica del cuore sia sempre disponibile ad ascoltare; a tollerare i nostri isterismi, i nostri mutamenti di umore.

Tanto sappiamo che saremmo capiti. Ancora una volta.

Diamo per scontate tante situazione nelle quali ci crogioliamo con beata indolenza: il caffè fumante al mattino; la colf che ci governa la casa; il postino che ci porta la posta; il giardiniere che si prenderà cura della rose, la vicina di casa che continuerà con affetto a ritirare la posta in nostra assenza e tante altre piccole grandi cose che ci appartengono. Tutto sembra non dover essere mai scalfito da nessun evento. Ci illudiamo con ingenua presunzione, di poter governare le cose, di essere noi gli artefici della nostra vita e talvolta di quella degli altri. Non è così. Riflettevo su questo pensiero quando ho saputo due giorni fa che il giardiniere è morto, così all’improvviso. Lo avevo visto l’ultima volta appena una settimana fa. “allora Salvatore, ci vediamo giovedì. Mi raccomando”. “Non vi preoccupate, signora, alle sette sono da voi”. Per anni ci siamo salutati così. Era diventata una sorta di rito giocoso, quella di concludere sempre con la stessa frase. Ecco, nulla è mai come prima, il mio giardino piange il suo giardiniere, la mano del suo sensibile autore, di colui che, con cura e passione, aveva dedicato la sua vita in nome dei fiori e delle piante.
E così vale anche per la mia collaboratrice domestica.
Che bello, la sera, quando con indolenza lascio a bagno i piatti e le pentole, pensare che all’indomani ci sarà lei, che lei mi darà una mano in casa, in cucina, con i panni da stendere, i giochi dei bambini, i peli dei cani, dei gatti da rimuovere con scrupolo dovunque e poi, tappeti da battere, oggetti da spolverare. Farlo insieme è una gioia.
Non mi sento obbligata a farlo, ma felice di farlo.

Poi, un pomeriggio, le ore passano, e lei non viene. Il telefono squilla e le dall’altro cavo: “Sono malata, mi dispiace”… E intanto che mi ero lasciata andare, ancora una volta all’indolenza girovagando in casa, mi tocca all’improvviso diventare una sorta di Mary Poppins alla buona per garantire la “sopravvivenza”…..

Ecco, questi piccoli, ma significativi esempi, ci fanno capire a volte che le nostre attitudini quotidiane possono subire cambiamenti di programma; possono mutare il corso della nostra giornata, addirittura della nostra vita, come alcuni radicali cambiamenti. Ed è sbagliato, secondo me, adagiarsi alle cose, presumendo che non cambieranno mai. Le cose cambiano sempre. Eccome. A volte per fortuna, ma altre volte no.

Per esempio: Daniel da troppo per scontato l'idea che io ci sia sempre, per ogni cosa! Ma se facessi una inversione di rotta, penserebbe che sono impazzita. Ecco, ho finito con l'abituarlo così e fa comodo. E se oggi non cucinassi?
Ma si, oggi lo lascio “leggero”... eh? Ma poi partono a raffica i sensi di colpa, continui perché torna come un fulmine a ciel sereno la considerazione che amo un altro uomo e che in qualche modo debbo “compensare” questa mia assenza sentimentale.

Ah quant’è difficile amare una persona che non puoi avere accanto e avere accanto qualcuno che non puoi più amare.

Ognuno ha il suo angolo di casa preferito...

Ognuno ha il suo angolo di casa preferito. Un luogo in cui ritrovarsi, rilassarsi, coccolarsi, creare, immaginare.

Personalmente adoro stare in camera da letto dove alla fine, dopo che Daniel ha requisito gran parte dei miei spazi, ho attrezzato il mio studio, dove posso leggere, ascoltare la musica, chiacchierare comodamente con le amiche. La camera si affaccia su un magnifico giardino dove posso immergermi nella natura e nel silenzio. Un'oasi di pace e di tranquillità che ha un effetto benefico sul mio stress. Non vi dico, poi, quando mi appoggio sul mio lettone: mi circondo di tutto. Cioccolatini, libri, riviste sparse a destra e a manca, il telefono il computer... gatti che a turno salgono e scendono, dormono e mammolano... un vero casino, ma non c'è un posto migliore per me per ritrovarmi e che più mi appartenga. Ma devo aggiungere anche la cucina. Si… la cucina è un altro di quei luoghi in cui sto molto volentieri; oltre a cucinare lo trovo accogliente soprattutto quando mi viene a trovare un’amica, più del soggiorno o del salotto. Trovo che la cucina sia un luogo magico, con i suoi profumi ancora impregnati.... le sue alchimie.. i suoi segreti... questi diari vengono scritti alternando queste due stanze, perché qui, oltrechè in soggiorno, ho condiviso gran parte del tempo che ho trascorso sino ad oggi con Sandro, stando ognuno ad un capo del telefono. Quanto tempo è trascorso… Cinque lunghi e meravigliosi anni. Ricordo quando parlammo della sua pensione per la prima volta un’infinità di tempo fa. Furono dei giorni molti brutti, rendermi conto che passato questo periodo la nostra relazione avrebbe potuto terminare, pur continuando ad amarci. Passavo le notti insonni a pensare cosa ne sarebbe stato di me. Decisamente egoistico, come gran parte dei miei comportanti con Sandro, ma è pur vero che ero la persona più fragile emotivamente parlando. Mi bastava passare un solo week-end senza poter sentire un suo “ti amo” sussurrato in una segreteria telefonica e i pensieri negativi diventavano ossessionanti, fino a farmi pensare che forse era meglio chiudere, subito, decisamente, darci un taglio, perché anche un solo altro giorno insieme a lui non avrebbe fatto altro che far crescere un amore già tanto grande. Ma poi, la mattina, tutto appariva in un’ottica diversa: anche un’ora in più sarebbe stata meravigliosa, perché privarmene nell’incognita di un futuro a tutti sconosciuto?

Dovrò interrompere la stesura di questi diari, per un po’ di giorni. Daniel in un impeto di follia (amorevole follia) ha voluto regalarci per il nostro anniversario di matrimonio un viaggio che per me è diventato un sogno, quasi irraggiungibile. Un viaggio in Africa, nei parchi africani. Sono stata in forse se partire o meno, era il mio sogno, ma vorrà significare quasi un mese senza poter sentire Sandro. Siamo entrambi cresciuti, però, anche in questo. Certo sentiremo molto la mancanza, l’uno dell’altra. Ma questo è un piccolo sogno ed è stato Sandro stesso a convincermi che non dovevo rinunciare e che sarei tornata con un’abbronzatura da far invidia a Tarzan, decisamente un gran miglioramento sul mio pallido incarnato.

Quando tornerò, continuerò la stesura di questi diari, che per il momento ripongo in cantina.

Ce ne sono ancora tanti bianchi che saranno riempiti, sempre, di tutto l’amore che porto per l’uomo della mia vita… ahhh… Sandro… chissà se a quest’ora anche tu stai pensando a me, oppure se dormi dolcemente…

Mi sono affacciata alla finestra, per guardare per un attimo le stelle che anche tu vedresti, affacciandoti sul tuo balcone. Ho visto la notte schiarire e il colori dell’alba annunciarsi sul mare. Ho visto nuvole che sembravano irlandesi correre veloci e la signora che abita di fronte, oltre il cortile dove si affacciano le finestre della mia cucina, preparare la colazione in camicia da notte bianca, immagino di batista, come quelle che le nostre madri infilavano nella borsa detta “l’occorrente per andare a partorire”.

Ho visto tutto questo e sono in piedi da ore non per romanticheria né per riempirmi di emozioni, sono in piedi da ore perché volevo passare un po’ di tempo con il mio amore, con Sandro e non c’è modo migliore di farlo che immergermi nei ricordi, periodi straordinari di una vita meravigliosa che mi ha voluto regalare…

Ma ora torno a nanna, questi diari finiranno in cantina, domani mattina sarà la prima cosa che farò, appena alzata. Saranno, insieme a quelli ancora in bianco che tornerò a prendere per raccontare, a chi avrà la compiacenza di voler leggere, di un amore grande più del mare, più del cielo e più dell’infinito universo.