martedì, luglio 04, 2006

Ciascuno di noi è portato a vedere...

Ciascuno di noi è portato a vedere ciò che vuole vedere, a sentire ciò che vuole sentire. Dal mio punto di vista penso che sono pochissime le persone che fanno del male con l'intenzione di farlo. Sono molte di più le persone che si sentono tradite perché hanno "voluto" fortemente vedere ciò che speravano di vedere e non ciò che effettivamente c'era. So che mi sto ripetendo e che molti preferiscono dare la colpa all'altro per il proprio dolore, ma se non impariamo a capire, ad "ascoltare veramente" ciò che l'altro dice, creeremo noi stessi le basi per soffrire e quando si sta male non credo sia di grande consolazione dire - si è comportato male con me, è stato falso, mi ha solo preso in giro, ecc.

Secondo me, nella maggior parte dei casi l'altro dice veramente "pane al pane e vino al vino", ma pensiamoci un attimo... quanti tipi di pane esistono? E quante qualità di vino esistono? Il problema è solo questo, che lui parla di un panino e noi lo interpretiamo come una pagnotta; lei parla di un Frascati e noi lo interpretiamo come un Brunello di Montalcino. Chattare può essere una gran bella esperienza o un'esperienza frustrante, ma non dipende dagli altri, dipende da noi; dalla nostra maturità e dal nostro atteggiamento nei confronti della vita.

Per questo mi stupii sinceramente di come Robecava ed io riuscivamo come d’incanto a capirci, da subito, perfettamente. Così come il suo linguaggio, talvolta molto crudo, non mi infastidiva, così i miei arzigogoli mentali erano dipanati nel corso di una nostra conversazione, che durava ore ed ore, interi pomeriggi. Quando invece cominciai ad inviargli delle lettere, tramite una casella di posta elettronica, quando tentavo di trasporre su “carta” i miei pensieri senza la sua presenza, senza la sua chiarezza e lucidità mentale, allora i miei scritti apparivano dissennati, senza senso. Tanto da meritarsi l’epiteto di cirillico! Ma mi accorgo di correre troppo, in effetti prima del momento in cui iniziammo ad inviarci i nostri pensieri deve essere trascorso del tempo.

Non ho memoria di quei primi meravigliosi giorni. Ricordo benissimo che avevamo lunghissimi colloqui, non c’era spunto che non ci portasse a discuterne fino a che a due persone normali sarebbe venuto a noia l’argomento, mentre noi parlavamo parlavamo parlavamo, senza stancarcene mai.

Parlavamo del mondo, delle situazioni, della chat. Robecava aveva creato una stanza privata. Solo per me, diceva. L’aveva chiamata Dolcèros. L’ho scritta accentata perché per più di un mese io leggevo dolce rosa, senza la a finale e quindi era un nome per me senza un vero significato, tanto da dimenticarlo ogni volta. Robe si indispettiva «Come è possibile che tu non ricordi il nome della nostra stanza?».

Solo quando, mesi dopo, sentii pronunciare il nome di quella stanza in un dialogo al telefono, riuscii finalmente a capirne il significato, dolce eros e da quel giorno non la dimenticai mai più.

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