martedì, luglio 04, 2006

Emozionanti quei primi giorni

Emozionanti quei primi giorni. Il presentarsi «Ciao io sono Roberto, ho trentacinque anni, sposato e con una bambina piccola. Mi occupo di comunicazione e sono stato molto incuriosito dalla chat.» «Piacere, io mi chiamo Alberta ho ventisei anni, laureanda in giurisprudenza, lavoro in una fotocomposizione per pagarmi gli studi.», scoprire di avere le stesse passioni, gli stessi interessi, la stessa forma mentis. Poi, piccole o grandi bugie, perché? Forse volevamo apparire migliori di ciò che eravamo o, più semplicemente, non volevamo svelare tutto di noi, non diventare schiavi di un rapporto sconosciuto. Pane al pane e vino al vino… ne eravamo lontani, entrambi, molto lontani. E faticammo tutti e due per rendere tangibili quei nikname che nascondevano perfettamente le nostre identità.

Una mattina accadde qualcosa di strano… ci eravamo trovati, come al solito in una delle nostre accese discussioni: sesso e amore. Talvolta inconciliabili per Roberto, inscindibili per me.

Cercavamo di convincere l’uno delle ragioni dell’altra, fino a che Roberto volle dimostrarmi che la tensione erotica si volatilizzava nel momento in cui la tenerezza amorosa faceva capolino.

Le situazioni che avevamo creato e che ci facevano sconfinare in un oceano di piacevole dissennatezza, fino ad allora, avevano l’apparenza di momenti facilmente riscontrabili nella vita di tutti i giorni. Un incontro sulla spiaggia o il ritrovarsi a casa in una calda giornata d’estate.

Quella volta, invece, Roberto prese a descrivermi una taverna, che io e lui avremmo dovuto raggiungere su un cavallo, io con una caviglia slogata, lui che mi prendeva in braccio e mi portava dentro una delle stanze… poi un letto, i nostri corpi e poi… mi sentivo totalmente fuori posto.

Il linguaggio che Roberto usava non aveva alcunché di volgare, quindi perché all’improvviso quella sensazione molesta? Gli domandai se stava bene, se si sentiva a posto, se tutto filava liscio: non mi sembrava più lui! Ma nonostante i suoi assensi continuavo a sentirmi molto a disagio. Mesi e mesi dopo… quel dolce uomo innocentemente al telefono si lasciò sfuggire che una volta, avendo ceduto il suo posto al computer ad un collega, l’aveva fatto chattare con me e, incredibilmente, io avevo percepito che c’era qualcosa di differente, nonostante il tono fosse praticamene lo stesso.

Quando me lo disse mi sentii sprofondare in un baratro… mi sentivo tradita, ingannata, usata come un oggetto, desolatamente sola… ero disperata, cominciai a piangere sommessamente, fu una sensazione terribile: come se altre mani idealmente mi avessero sfiorato, altre labbra baciato…

Di quella capanna, sino al momento in cui Roberto non fu sostituito dal suo collega è rimasto il ricordo di un cavallo… un ronzino che più volte è tornato nei nostri sogni, facendoli diventare a volte degli incubi

Nessun commento: